"La
danza del bambino"
(dalla
biografia di madre Teresa di Calcutta)
C'è un episodio, nella vita di madre Teresa, che sconvolge molte convinzioni e
lascia pensosi, forse uno degli episodi-chiave per capire questa figura. Lo
raccontò lei stessa.
«Durante una notte
passata nella stazione di Howrah, a Calcutta, verso mezzanotte quando i treni
sono tutti fermi per qualche ora, arrivò una poverissima famiglia che veniva di
solito a dormire alla stazione. Erano una madre e quattro figli, dai cinque agli
undici anni. La madre era una buffa, piccola cosa avvolta in un sari bianco di
cotone, sottile per quella notte di novembre, con i capelli rasi a zero,
stranamente per una donna. Aveva con sé dei recipienti di latta, qualche
straccetto e dei pezzi di pane, tutto quanto possedeva per sé e per i suoi
figli. Erano mendicanti. La stazione era la loro casa.
I bambini, tre ragazze e un bimbo che era il più piccolo, erano come la madre
pieni di vivacità. A quell'ora, in piena notte, sedettero tutti su un
marciapiede della stazione presso le rotaie, vicino ad altre innumerevoli
famiglie e mendicanti solitari che già dormivano tutt'intorno, e fecero il loro
pasto serale di pane secco, probabilmente quanto era avanzato a un rivenditore
che verso sera lo aveva ceduto a un prezzo bassissimo. Ma non fu un pasto
triste. Essi parlavano, ridevano e scherzavano. Sarebbe difficile trovare una
riunione di famiglia più felice di quella.
Quando il breve pasto
fu finito, andarono tutti a una pompa con grande allegria, si lavarono,
bevettero e lavarono i loro recipienti di latta. Poi stesero con cura i loro
stracci per dormire vicini, e un pezzo di lenzuolo per coprirsi tutti. E fu
allora che il ragazzino fece qualcosa di assolutamente meraviglioso: si mise a
danzare. Saltava e rideva fra i binari, rideva e cantava sommesso con
incontenibile gioia. Una simile danza, in una simile ora, in così assoluta
miseria!.
Madre Teresa affermò tante volte che per noi occidentali, tristi nella nostra
ricchezza, rintanati nelle nostre lussuose caverne, il povero è un «profeta».
Pur nella miseria dove la nostra economia scaltra l'ha esiliato, egli ci insegna
dei valori grandi che noi abbiamo dimenticato: l'amore per gli altri, la gioia
che nasce dal gustare le piccole cose, l'amicizia, la capacità di entusiasmarsi
per qualche cosa.
«Noi lo aiutiamo ad uscire
dalla miseria. Ma lui ci regala qualcosa di più: ci insegna una maniera diversa
di vivere: servirsi delle cose, ma non diventare prigionieri delle cose, credere
che ci sono valori assai più importanti del denaro: l'amore, il calore della
famiglia, il sorriso dei
bambini, l'amicizia, la gioia...».