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Volontari Fratelli delle Misericordie
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Racconti e ricordi di servizi
Nuova rubrica di racconti,
curata da: Paolo Diani |
ASSISTENZA SOCIALE
LE CONFRATERNITE DI MISERICORDIA E LA LEGISLAZIONE
CONCORDATARIA
del Dott. FRANCESCO VANNI Ispettore Generale dei Culti
Dopo la
pubblicazione della legge 27 maggio 1929, n. 848, e del
regolamento per la esecuzione di essa del 2 dicembre 1929,
n. 2262, in applicazione del Concordato con la S. Sede, si
è venuta a manifestare qualche incertezza circa la
posizione giuridica delle Confraternite di Misericordia,
in vista della fisionomia tutta propria di questi sodalizi
nati e sviluppati specialmente nella nostra Toscana,
posizione che non è stata finora stabilita con la dovuta
precisione, né è stata fissata in modo sicuro e definitivo
la inquadratura di esse fra gli Enti similari soggetti
alla tutela governativa.
E tale incertezza sulla natura giuridica di queste
istituzioni porta seco due ordini di conseguenze di
notevole im-portanza, e cioè da un lato difficoltà per
conseguire il riconoscimento della personalità giuridica a
quelle Confraternite di Misericordia di recente
costituzione e che non l'abbiano diversamente acquisita
per antico possesso di stato o sotto una figura sia pure
non propria alla loro natura, dall'altro difficoltà di
vario genere per quelli che già posseggono la erezione in
Ente morale per ottenere quelle provvidenze governative
che, in questi ultimi tempi di seguito e per effetto della
guerra e delle sue disastrose conseguenze, sono state
disposte da leggi speciali a favore di istituzioni ad esse
simili o che si prefiggono scopi di assistenza, come
quelli che le Misericordie pure perseguono e sono anzi
precipuo fondamento della loro esistenza.
Mi riprometto pertanto in questo modesto studio esaminare
la questione alla stregua della legislazione
concordataria, la quale, come è noto, non ha mancato di
occuparsi delle Confraternite, esporne gli aspetti attuali
e suggerire i mezzi per la risoluzione pratica di essa.
E mentre ritengo non necessario, se non addirittura
superfluo, riportare qui la storia e le vicissitudini
delle Confra-ternite di Misericordia, sia pure delle
maggiori come quella fiorentina, non solo perchè in genere
ben conosciute in Toscana, ma anche perchè ciò
esorbiterebbe dai limiti di questo studio nonché da quelli
imposti ad un articolo di rivista, è invece indispensabile
per la migliore intelligenza della questione accennare,
sia pure brevemente, al trattamento che in proseguo di
tempo ed anteriormente a! Concordato con la S. Sede hanno
avuto in Italia le Confraternite in genere e quelle di
Misericordia in ispecie.
Già la Chiesa fin dai primi tempi, dopo la sua
affermazione e la sua espansione, ebbe a favorire il
sorgere di associazioni di laici che sotto diverse
denominazioni si prefiggevano da parte degli ascritti una
maggiore perfezione di vita cristiana, sia con semplici
opere di pietà, sia con l'esercizio a queste congiunto a
speciali opere di carità e di assistenza. E tali
istituzioni, siccome organismi sussidiari al
raggiungimento del fine supremo cui tende la Chiesa,
furono nel tempo disciplinate nelle sue disposizioni
legislative. Di esse tratta ora nel modo più ampio e
preciso il Titolo XIX del Codex Juris Canonici (canoni 707
e seguenti), nel quale sono inquadrate tali istituzioni e
sono bene precisate le norme a cui esse sono tenute ad
uniformarsi per conservare la unione con la Chiesa stessa
e partecipare ai suoi carismi.
Anche tutti gli Stati anteriori all'unificazione del Regno
d'Italia, non mancarono di occuparsi delle Confraternite,
dettando norme per il governo di esse e intervenendo nella
nomina o nella designazione dei loro organi direttivi od
amministrativi, e ciò spesso in contrasto con la Chiesa
medesima, pretendendo gli Stati di limitare la autorità e
la giurisdizione di quella e di far sentire il più
possibile anche su tali organismi il proprio potere.
A tale giurisdizione degli organi del pubblico potere non
si sottrassero neppure le Confraternite di Misericordia, a
cominciare da quella di Firenze istituita, come è noto,
nel 1240, e le altre che sulla falsariga di essa sorsero
in varie località della Toscana nei secoli scorsi. Anzi in
vista della speciale fisionomia di tali Confraternite
destinati in modo particolare all'esercizio delle opere di
carità, fra cui precipuo i! soccorso agli ammalati ed il
trasporto dei defunti, i Governi ed i Principi preposti
alle città in cui tali sodalizi erano sorti o sorgevano ed
infine il Governo granducale, con la unificazione della
Toscana in Stato autonomo e sovrano, non mancarono
d'ingerirsi di esse, facendone spesso degli organismi
sotto la propria diretta soggezione, in-tervenendo sia
nella formazione o nella approvazione degli statuti, sia
nella gestione amministrativa medesima anche con
sovvenzioni personali o tratte dai fondi pubblici ad
integrare le scarse disponibilità di quegli Enti, allo
scopo di risollevarne le finanze, in consi-derazione dei
fini di carità e di assistenza da essi perseguiti e che si
voleva non andassero frustrati o perduti. A conferma di
quanto ho esposto giova ricordare la notevole
legislazione, che sotto forma di motu proprio o di altri
provvedimenti, sta a testimoniare l'interessamento
continuo dei Governo della Repubblica fiorentina, dei
Medici e dei Granduchi lorenesi per la locale
Arciconfraternita, interessamento non limitato soltanto al
lato puramente mo-rale od economico, ma riguardante la
vigilanza e l'ingerenza nella sua amministrazione, tanto
da entrare in effetti nella vita stessa della pia
Istituzione.
E venendo a tempi a noi più vicini si osserva che a
cominciare dalla formazione del Regno d'Italia si
manifestarono circa le Confraternite due tendenze, l'una
che giudicandole superflue per il culto, voleva
sopprimerle, l'altra, autorevolmente rappresentata dal
Codacci Pisanelli, che considerandole più specialmente
sotto l'aspetto di associazioni di assistenza e di mutuo
soccorso, voleva mantenerle.
Da queste opposte tendenze sorse la disposizione dell'art.
1, n. 6, della legge 15 agosto 1867, n. 3848, sulla
soppressione degli Enti ecclesiastici secolari e la
liquidazione dell'asse ecclesiastico, che mentre
prometteva la emanazione di una apposita legge sulle
Confraternite, le sottoponeva alla sorveglianza della
autorità civile.
In seguito a questa legge si ritenne che le Confraternite
di culto o per quanto riguardava gli scopi di culto
fossero sottoposte alla vigilanza del Ministero della
giustizia e quelle di beneficenza o aventi anche scopi di
beneficenza a quella del Ministero dell'Interno e fossero
equiparate alle Opere pie.
Si giunse cosi alla legge 17 luglio 1890, n. 6972, sulle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza la quale
all'art. 91 fra gli enti che dichiarò equiparati alle
istituzioni pubbliche di beneficenza e soggetti a
trasformazione secondo le norme dell'art. 70 della legge
stessa, comprese tutte le Confraternite in genere, fatta
eccezione per il caso che esse avessero provveduto al
culto necessario per una popolazione o ad edifici
indispensabili alle funzioni di culto (1).
Come è noto, la trasformazione di un Ente di assistenza e
beneficenza, secondo i criteri della legge anzidetta è
l'atto con cui lo Stato sostituisce in esso ai fini che
per motivi vari non sono più raggiungibili, altri che
meglio rispondono alle esigenze attuali della pubblica
beneficenza senza peraltro allontanarsi troppo dalla
volontà dei fondatori (2).
Comunque per le Confraternite rimase fortemente
controversa la determinazione dei requisiti per poter
addivenire alla loro trasformazione, specialmente per
quelle che avevano scopi essenzialmente di culto e
numerosi furono i giudizi che si instaurarono in materia,
tanto presso l'autorità giudiziaria ordinaria, quanto al
Consiglio di Stato essendo risultata generica e poco
chiara la dizione della legge in proposito determinata
anche dallo spirito che in quell'epoca permeava le leggi
riguardanti le istituzioni religiose.
Peraltro la questione non ebbe ad interessare
eccessivamente le Confraternite di Misericordia, le quali,
avendo fini ben precisi e di carattere attuale e
permanente come quelli dell'assistenza agli ammalati ed
infortunati e della cura dei defunti, non mi risulta che
ne fosse promossa e quanto meno attuata alcuna
trasformazione.
Però in considerazione dei principi e delle tendenze che
fin dall'emanazione delle leggi eversive contro le
Corpora-zioni religiose e le Associazioni ecclesiastiche
secolari, che risentivano, non può nascondersi, dello
spirito anticleri-cale ed areligioso dell'epoca, le
principali Misericordie, ancor prima della ricordata legge
del 1890, provocarono ed ottennero il riconoscimento da
parte dello Stato quali Enti morali di assistenza e
beneficenza alla stregua delle leggi allora vigenti in
materia, e si assoggettarono conseguentemente alla
vigilanza ed alla tutela degli organi governativi da
quelle stesse leggi previsti per le istituzioni del
genere.
E così continuarono poscia, in applicazione della legge
del 1890 e del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2841, a rimanere
soggette alla tutela delle Prefetture e delle Giunte
provinciali amministrative come tutte le altre Opere pie.
Il Concordato con la S. Sede dell'11 febbraio 1929, che
veniva a conciliare e dirimere il dissidio insanabile
sorto tra Stato e Chiesa, ebbe ad occuparsi
necessariamente delle Confraternite ed all'art. 29, lett.
c), si dispone che le Confraternite aventi scopo esclusivo
o prevalente di culto non sono soggette ad ulteriori
trasformazioni nei fini e dipendono dall'autorità
ecclesiastiche per quanto riguarda il funzionamento e
l'amministrazione.
Da tale disposizione concordataria viene tolta di mezzo
completamente la questione della trasformabilità quanto
alle Confraternite di culto che tanto aveva preoccupato la
Chiesa dopo la promulgazione della legge 17 luglio 1890, e
viene a trasferire in pieno sotto la giurisdizione della
autorità ecclesiastica le Confraternite aventi scopo
esclusivo o prevalente di culto (3).
Ed alle Confraternite non aventi un tale carattere, non
aventi cioè fine prevalente di culto, ma
contemporaneamente anche quello di assistenza e
beneficenza che trattamento doveva esser fatto? Il
Concordato, come abbiamo veduto, nessun accenno fa di tali
Confraternite, le quali si noti, se pure non interamente
dirette a scopi di culto, pur tuttavia non mancano in
genere di erezione canonica, di approvazione ecclesiastica
e di fini di religione.
Di esse si occupa invece in particolare l'art. 52 del
regolamento 2 dicembre 1929, n. 2262, per la esecuzione
della legge 27 maggio 1929, n. 848, in applicazione del
Concordato, il quale stabilisce che tutte le disposizioni
di leggi e regolamenti ora in vigore per le Confraternite,
rimangono ferme nei riguardi di quelle che non hanno scopi
esclusivi e prevalenti di culto. Ne consegue che per
questo tipo di Confraternite, non solo continuano ad aver
vigore in pieno le norme di ingerenza governativa, come
per le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza,
ma è persino ancora possibile la trasformabilità dei fini
già stabiliti dalla legge del 1890.
Una variante si portò peraltro col secondo capoverso
dell'art. 52 suddetto, quanto agli organi ai quali è
attribuito l'esercizio della tutela, disponendosi che si
intendevano sostituiti il Ministero della giustizia e de'
culti, e gli Uffici per gli affari di culto presso la
Procura generale delle Corti di appello, nelle
attribuzioni già demandate al Ministero dell'interno, alle
Prefetture ed alle Giunte provinciali amministrative (4).
Con l'art. 54 del citato regolamento sono state poi
dettate anche le modalità dell'esercizio della tutela e
vigilanza da parte degli organi di cui sopra è cenno nei
riguardi delle Confraternite non aventi scopi esclusivi e
prevalenti di culto, stabilendosi che esse sono soggette
in proposito alle medesime norme vigenti per le
fabbricerie, limitata l'intesa con l'autorità
ecclesiastica a quanto concerne i soli scopi di culto. E a
maggior intelligenza di tale disposizione regolamentare
che importa una innovazione nella precedente procedura in
materia, dirò che pur rimanendo tali Confraternite
sottoposte per la loro inquadratura alla legge del 1890 e
successivi regolamenti e quindi assimilate alle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, la
vigilanza sulle medesime avrebbe dovuto effettuarsi invece
non più a mente delle disposizioni di quelle leggi ma di
quelle riportate nel regolamento 2 di-cembre 1929, n.
2262, per le fabbricerie per gli Enti beneficiari.
Da ultimo sempre in ordine alle Confraternite l'art. 77 di
detto regolamento indica le modalità da seguire per
l'accertamento del fine esclusivo o prevalente di culto di
queste associazioni agli effetti del loro trasferimento
sotto la giurisdizione delle autorità ecclesiastiche,
stabilendo che gli accordi che debbono esser presi al
riguardo con detta autorità non son vincolativi per lo
Stato se non dopo l'approvazione con regio decreto, udito
il Consiglio di Stato, e che fino a tale approvazione
tutte le Confraternite anche di questa specie, rimangono
soggette alle norme in vigore.
Ricordate così brevemente le disposizioni della
legislazione concordataria riguardanti le Confraternite,
vediamo, cosa che a noi più interessa, quale sia stata la
sorte delle Confraternite di Misericordia nella
applicazione delle leggi medesime.
Queste istituzioni che per la loro fisionomia e per
l'attività assistenziale da esse esplicata, già si
inquadravano fra gli Enti disciplinati dalia legge 17
luglio 1890 e che per la massima parte erano già soggette
alla tutela delle Prefetture, vennero ad essere
trasferite, in applicazione della norma dell'articolo 52
del regolamento 2 dicembre 1929, n. 2262, sotto la
giurisdizione dell'Ufficio regionale degli affari di
culto, il quale esercitò le sue funzioni tutorie in
conformità delle disposizioni contenute nell'art. 54 dello
stesso regolamento.
E cosi si procede fino alla pubblicazione dei rr. dd. 20
luglio 1932, n. 884, e 19 agosto 1932, n. 1080, con i
quali venivano trasferite dal Ministero della giustizia a
quello dell'Interno le attribuzioni relative agli affari
di culto, così che le Confraternite di Misericordia
ritornarono alle dipendenze delle Prefetture, essendo
stati soppressi con gli stessi provvedimenti legislativi
anche gli Uffici periferici degli affari di culto.
Con il ritorno di tali pii sodalizi alle dipendenze delle
Prefetture, si è ritenuto da parte di queste che
l'esercizio delle funzioni di vigilanza e tutela nei
confronti di essi dovesse essere ripreso nel quadro delle
norme della legge del 1890 e del successivi regolamenti ed
è stato perciò rimesso in pieno vigore tutto il meccanismo
precedente siccome esso era anteriormente al Concordato.
Non è peraltro mancata qualche voce che si è levata per
far notare che le Confraternite di Misericordia in regime
concordatario e dopo i nuovi rapporti che si son venuti a
stabilire per effetto della Conciliazione fra lo Stato e
la Chiesa non potessero né dovessero essere considerate
con criterio eccessivamente rigido nella inquadratura
delle Opere pie, ed è stata avvertita la necessità che
venisse stabilita con precisione la loro natura giuridica,
non sembrando che fossero più rispondenti alla attuale
realtà quei criteri con i quali nel passato erano state
viste que-ste benemerite associazioni.
Ma finora nessuna chiarificazione in proposito si è
ottenuta da fonti ufficiali ed anzi si può affermare che
in questi ultimi tempi, nell'occasione di richiesta da
parte di Misericordie di applicazione ad esse di
disposizioni legi-slative contenenti qualche provvedimento
di favore nei riguardi delle istituzioni pubbliche di
assistenza e bene-ficenza, fra cui precipua la
integrazione dei bilanci deficitarii di queste ultime da
parte dello Stato, si è negato dal Ministero dell'interno
analogo beneficio alle Misericordie che lo hanno invocato,
affermandosi che esse esplicano attività non comprese nel
quadro della più volte ricordata legge 17 luglio 1890.
Per lo stesso motivo si è pure negato a qualche
Confraternita di Misericordia, a quanto mi consta, la
concessione di sussidi straordinari a titolo di concorso
nelle spese rilevanti occorrenti o già sostenute per
acquisto di nuovo materiale o per riordinamento dei propri
mezzi di trasporto di ammalati o comunque diretti alla
esplicazione del servizio di carità, argomentandosi che il
fondo di bilancio assegnato al Ministero al riguardo è
destinato solo a sussidiare gli stabilimenti di pubblica
beneficenza e non anche a provvedere a servizi (come
quello di trasporto ammalati o dei defunti) che rientrano
nelle competenze dei Comuni, che son tenuti a provvedervi
gratuitamente quando interessano persone povere ai sensi
di legge.
Ora non può a meno di rilevarsi a questo proposito che la
distinzione che viene fatta fra attività benefica ed
at-tività assistenziale nei riguardi delle Confraternite
di Misericordia non sembra possa avere rilevanza
giuridica, quando si consideri che l'una e l'altra
attività rientrano nel campo più vasto della carità e più
precisamente della carità cristiana, a cui quelle pie
istituzioni si ispirano, che con l'esercizio delle opere
di misericordia corporali abbraccia e comprende in se
tutto quanto viene compiuto a pro dei bisognosi: dal
soccorso a favore del povero e di chi ha fame od è ignudo,
all'assistenza all'ammalato ed all'infortunato ed alla
cura dei defunti, tanto che l'attività assistenziale non
sarebbe che un aspetto od una particolare manifestazione
della beneficenza considerata in senso lato.
Tale distinzione, che peraltro a mio avviso non esiste,
non porta neppure alcun elemento positivo alla soluzione
della questione relativa alla natura giuridica delle
Confraternite di Misericordia, serve anzi ad imbrogliare,
se si vuole, maggiormente le cose ed a svisare la figura e
l'essenza di questi sodalizi.
Ora dunque quale dovrebbe essere a nostro avviso la natura
giuridica delle Misericordie?
Si legge nel Vangelo di S. Luca che un legisperito domandò
un giorno a Gesù cosa doveva fare per conseguire la vita
eterna. Ed Egli rispose dicendo: « Cosa sta scritto nella
legge ? Ama il Signore Iddio tuo sopra ogni cosa, con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la
tua mente, con tutte le tue forze ed il prossimo tuo come
te stesso. Fai questo e vivrai ».
A questi due massimi comandamenti che in sé si fondono e
si integrano a vicenda si ispirò sette secoli or sono
Piero Borsi quando diede vita alla Misericordia fiorentina
e ad essi si sono poi ispirati attraverso i secoli e si
ispirano tuttora coloro che sulle orme del primo fondatore
nelle varie Misericordie toscane intendono raggiungere la
perfezione della vita cristiana con l’esercizio delle
opere di carità verso coloro che soffrono, per amore di
Dio. Pertanto il fondamento delle Confraternite di
Misericordia è essenzialmente religioso in quanto
l'attività benefica ed assistenziale da esse perseguita
non è fine a se stessa, non ha scopi umani, ma è
determinata e diretta al fine supremo a cui deve tendere
il cristiano, la vita eterna.
Onorare Iddio, amarlo, servirlo con il compimento di opere
di misericordia verso il prossimo, questa è la divisa del
« misericordioso », la funzione specifica delle
Associazioni di Misericordia.
Deve quindi riconoscersi che esse sono Enti soprattutto
religiosi e tale caratteristica trova conferma negli
statuti di questi pii sodalizi a cominciare da quello che
disciplina la Misericordia fiorentina dalla quale, come è
noto, sono derivate tutte le altre associazioni de!
genere, in cui si legge all’art. 1 che « la Compagnia
della Misericordia ha scopi di religione e di assistenza
».
A ciò si aggiunge che tutte le Confraternite di
Misericordia posseggono un oratorio, centro propulsore
della loro vita, nel quale non solo si tengono le riunioni
degli ascritti, ma si celebrano funzioni di culto, anche
di carattere pubblico, quasi sussidiario a quello
parrocchiale, come la celebrazione della Messa festiva.
In seguito a tale ragionamento sorse a questo punto
spontanea la domanda se le Confraternite di Misericordia
abbiano a considerarsi Enti ecclesiastici in senso stretto
ed abbiano quindi a comprendersi fra le Confraternite con
finalità esclusivamente religiose e come tali cadere sotto
la disposizione dell'art. 29, lett. c), del Concordato e
conseguentemente essere trasferite alle dipendenze delle
autorità ecclesiastiche diocesane, applicando ad esse la
norma dell'art. 77 del regolamento 2 dicembre 1929, n.
2262, più volte ricordato.
Non è mancato invero qualche scrittore (5) che ha
sostenuto e con argomenti anche di una certa rilevanza una
tale opinione.
Io, pur non dissentendo in modo assoluto dalla opinione
che le Confraternite di Misericordia siano Enti a
carattere religioso, debbo aggiungere però, che ciò
nonostante, non mi sembra che possano comprendersi fra le
Confraternite aventi scopi esclusivi e prevalenti di
culto, attesoché se pure le loro attività assistenziali e
benefiche siano permeate dallo spirito religioso e siano
da questo spirito unicamente determinate e dirette, esse
tuttavia spiegano oggi attività multiformi, richiedono un
impiego di mezzi addirittura imponenti, tanto che un
inquadramento fra gli Enti suaccennati non appare nella
realtà ad esse appropriato.
Peraltro, pure in vista di questo, neanche condivido la
opinione di coloro che, trascurando completamente il
carattere religioso di queste Istituzioni o considerandolo
del tutto secondario o limitato in confronto alla attività
benefica, veduta sotto un aspetto puramente umano,
intendono comprenderle fra le istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza e quindi, come tali, vogliono
mantenerle soggette alle stesse norme che regolano e
disciplinano questi ultimi Enti morali.
Fra queste due tendenze fra loro opposte, a me sembra che
debba seguirsene una intermedia la quale risulta più
conforme e più rispondente alla realtà delle cose.
Le Confraternite di Misericordia si presentano pertanto
come vere e proprie associazioni religiose, ma sui
generis, che risentono cioè contemporaneamente dell'uno e
dell'altro carattere.
Questa affermazione potrebbe apparire contraddittoria con
quanto ho esposto in precedenza sull'argomento e
richiamando la nota distinzione, che appare riprodotta
anche nella legislazione concordataria fra Confraternite
aventi scopi esclusivi e prevalenti di culto e quelle che
non l'hanno e debbano considerarsi miste, potrebbe essermi
chiesto se abbia inteso di comprendere le Misericordie fra
le Confraternite di questa seconda specie.
Rispondo a tale obbiezione che questa non è la mia
intenzione, attesoché, affermando che le Misericordie,
sono Enti di culto « sui generis », intendo attribuire ad
esse, come ho cercato di dimostrare, un carattere
essenzialmente proprio ed esclusivo di queste tipiche
associazioni toscane, da non confondersi con altre
istituzioni ed associazioni del genere.
Da ciò consegue che le Misericordie come non possono né
debbono a mio avviso esser sottratte alla vigilanza ed al
controllo della autorità ecclesiastica, attesoché, come
abbiamo veduto, gli scopi di religione e di carità che
esse perseguono non vanno considerati quali attività
separate ma sibbene interdipendenti fra loro, così non
possono né debbono essere neppure sottratte alla vigilanza
e tutela dello Stato e ciò, beninteso, non certo nella
forma e nel quadro delle Opere pie, ma sibbene degli Enti
di culto.
E mentre la soggezione alla Chiesa appare per queste
Istituzioni necessaria e conforme alle norme del Diritto
canonico per assicurare ad esse la continuità dello
spirito religioso e la purezza della fede negli ascritti,
non meno necessaria appare quella al potere civile, non
già per un nostalgico ritorno ad un sorpassato
giurisdizionalismo che devesi ritenere ormai
definitivamente caduto con il Concordato, ma per la
necessità che la complessa gestione amministrativa che
richiedono la molteplice attività assistenziale e
l'impiego di mezzi ingenti all'uopo indispensabili, sia
controllata da un organo superiore ed estraneo
nell'interesse stesso delle pie Associazioni. Deve
osservarsi infatti in proposito che le Misericordie non si
limitano più come nel passato al trasporto degli ammalati
all'ospedale effettuato con la originaria e caratteristica
zana, o con semplici barelle o portantine ed a quello dei
defunti al Cimitero, ma la maggior parte di esse dispone
all'uopo di modernissime autoambulanze, alcune anzi
compiono in aggiunta altre attività addirittura rilevanti
che vanno dalla gestione di Cimiteri propri per la
sepoltura degli ascritti, a quella di ospedali o di
poliambulatorii medico-chirurgici, di ricoveri di vecchi
impotenti e di cronici ed hanno bilanci che prevedono
entrate ed uscite che si aggirano su cifre di diversi
milioni.
Si sviluppa evidentemente da tali attività un insieme di
interessi e di rapporti sia col pubblico in genere sia con
gli altri Enti pubblici in ispecie, che rende perciò
giustificata la tutela governativa, non solo a garanzia
degli ascritti e degli stessi amministratori che nel
controllo dello Stato non debbono vedere un'inutile ed
esosa ingerenza, ma debbono anzi trarne motivo di
soddisfazione per un incarico oneroso e gratuito compiuto
a vantaggio dei propri sodalizi con competenza ed onestà,
ma anche a regolare i rapporti suaccennati e a dirimere
eventuali motivi di contrasto che da tali rapporti possono
sorgere.
A ciò si aggiunga che queste benemerite Confraternite,
nelle città e nei paesi di Toscana, dove ormai esistono da
secoli, non vivono una vita circoscritta e nascosta, ma ad
esse partecipa un grande numero di ascritti appartenenti a
tutti i ceti sociali, sono considerate una istituzione
cittadina, alla quale la popolazione locale è gelosamente
attaccata, tanto da inserirsi nella vita stessa della
città, e perciò lo Stato non può ignorarle e lasciarle
abbandonate a se stesse.
Se ciò avvenisse lo sarebbe con grave pregiudizio di
quelle Associazioni.
Ma perchè i concetti che ho esposti, uscendo dal campo
puramente astratto e teorico, abbiano a raggiungere una
pratica realizzazione nella attuale carenza di precise
disposizioni di legge nelle quali le Confraternite di
Misericordia possano trovare il loro inquadramento,
appare, a mio avviso, indispensabile, onde eliminare per
l'avvenire quelle manchevolezze ed incertezze che ora
lamentiamo, una apposita legge con cui venga determinata
in modo esplicito e sicuro la natura giuridica delle
Misericordie secondo i cennati criteri esposti e sia
disciplinato, sempre, beninteso, nello spirito del
Concordato e nel quadro della legislazione concordataria,
lo svolgimento delle loro attività.
Detta legge, comunque, non dovrà limitarsi solo a questo,
ma dovrà altresì stabilire i rapporti fra lo Stato e le
Istituzioni medesime nello svolgimento da parte di esse di
quelle attività assistenziali che, assumendo un carattere
di pubblico interesse non possono essere trascurate o
ignorate dallo Stato. E mi spiego. Come è già stato più
volte ricordato le Misericordie compiono specialmente in
Toscana certi servizi di pubblica assistenza, fra gli
altri il trasporto agli ospedali di malati ed infortunati
in forma, mi si permetta la parola, di esclusiva, e poiché
questa attività risale ad un'epoca che si perde nella
notte dei secoli ed è stata ed è altresì tuttora compiuta
in modo veramente encomiabile, ben poche istituzioni
d'altra natura sono sorte in quella Regione a compiere
opera analoga ed a contrastare loro il primato, né
d'altronde i Comuni, che hanno trovati in piena efficienza
tali servizi, hanno ritenuto conveniente ed opportuno
assumerne a loro carico la gestione. Anzi, in proposito, i
richiamando quanto ho già in precedenza avuto occasione di
riferire circa il negato sussidio contributivo da parte
del Ministero alle Misericordie che l'avevano chiesto per
far fronte in parte alle spese ingenti occorse od
occorrenti per il riordinamento dei loro mezzi di
trasporto, elementi indispensabili della loro opera di
assistenza, argomentandosi che il trasporto all'ospedale
del malati ed Infortunati poveri è compito dei Comuni,
cade in acconcio osservare che se è vero che i Comuni sono
tenuti a provvedere per legge a tale bisogna è altrettanto
vero che la legge li esonera da tale obbligo, quando
esistano sul posto apposite istituzioni pubbliche di
beneficenza che vi provvedano. Ora è evidente che i Comuni
della Toscana che possiedono istituzioni come le
Misericordie all'uopo pienamente attrezzate e che da
secoli compiono una tale attività, senza gravare affatto o
se pure minimamente ed in tal caso in forma sussidiaria,
sui loro bilanci, non abbiano mai sentito la necessità del
proprio intervento e tanto meno riconosciuto l'obbligo di
tale servizio a proprio carico.
E perciò la legge a cui ho accennato, dovrà fra l'altro
stabilire anche il principio che tutti quanti i benefici
finanziari che dovessero venire accordati dallo Stato
sotto qualsiasi forma sui propri fondi a favore delle
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza per
contribuire al raggiungimento dei loro fini, dovranno
estendersi automaticamente anche alle Confraternite di
Misericordia, affinché possa essere assicurata la
possibilità di una vita sempre più feconda e rigogliosa a
queste tradizionali Istituzioni, patrimonio geloso e vanto
secolare di questa nostra terra toscana.
FRANCESCO VANNI
(1) Vedi FALCO Corso di Diritto ecclesiastico. Padova, ed.
Cedam
(2) Ibidem
(3) Cfr. FALCO op. citata
(4) Cfr. FALCO op. citata
(5) Vedi Avv. CAMICI, Le Confraternite di Misericordia in
ordine alla legge sui Concordato fra la S. Sede e
l'Italia. Pistoia 1941,
ed. Niccolai.
Abbiamo pubblicato col più vivo piacere lo studio
originale del dott. Vanni, che — se non andiamo errati —
costituì a suo tempo la apprezzatissima relazione in uno
dei periodici convegni delle Misericordie toscane.
Sono cose, infatti, veramente degne della più alta
considerazione, specialmente da parte di coloro che
all'inda-gine scientifica ed all'umana ricerca del bene
sociale, offrono uno spirito conforme a tanta bellezza,
mettendo a servizio della cristiana fraternità ogni
moderna caratteristica di organizzato perfezionamento a
vantaggio dei propri simili.
Si realizza nell'attività unica nel suo genere, complessa
ed armoniosa, disinteressata e feconda, antica e pur
sem-pre nuova, delle Confraternite di Misericordia, quella
felice unione di due termini indirizzati all'unico bene:
la carità e l'assistenza.
Fulgida espressione di amore universale, umano e divino —
la prima —, sintesi di civiltà integrale e di coesione
sociale tra gl'individui, le famiglie, le nazioni — la
seconda —, costituiscono un binomio in effetti
inscindibile, sul quale, se ci sarà concesso, vorremmo un
bel giorno intrattenerci.
Per oggi siamo altrettanto lieti di segnalare
l'approfondita e dotta disamina dell'argomento specifico e
le pro-poste ad esso inerenti, che danno vita e sostanza
alla chiara monografia del nostro collaboratore. N. d. R.