La Storia dal 1244

Dives in Miseric.

Le leggende

Bollettini 1900

La Cappa

Giovanni Papini

  Protezione Civile

Le opere d'arte


 


 

Pietro Annigoni


Pietà Vera    
Le nostre Associazioni, oltre lo scopo di alleviare le sofferenze degli infermi, di sussidiare gli indigenti............


 Sante battaglie
Genova, la forte e cattolica città marinara che, fino dalle sue origini, ha saputo tenere alto il vessillo della Fede.......


  La giustizia
L’appello pubblicato nel penultimo numero del Bollettino per ottenere un trasporto un po’ più decoroso per i defunti....



 


 

 

Beati Misericordes

Gennaio 1912

Uno squillar di cornetta, breve, secco, ripetuto tratto tratto, che va per l'aria come uno straziante grido di angoscia, un rapido cigolare di ruote, uno scalpiccio di passi frettolosi e cadenzati .... annunziano il passare
dei Confratelli della Misericordia in nera veste, con la nera buffa calata sul viso. Una sventura ! .... un morto forse Accorrono sulla soglia dei negozi ; s'affacciano alle finestre, la gente per via si ferma, guarda, domanda, e
gli uomini si levano il cappello per rispetto.
La coperta è rialzata da un lato su la lettiga .... un infelice vi è disteso dentro, a volte contuso, ferito sanguinante, per disgrazia avvenuta o per umana malvagità; a volte cereo, disfatto per lunga infermità, resa più atroce forse dalla miseria, e vien portato allo spedale così.
Come stringe il cuore il gemere fioco degli sventurati!...
Che strazio l'incontrarsi talora del nostro sguardo con lo sguardo del misero che di là, da quella lettiga vede, forse per l'ultima volta, la vita che ferve a si agita per le contrade, per le piazze.
Si perde nel frastuono, nell'allontanarsi, lo squillare breve e secco della cornetta e il rapido cigolare delle ruote, ma rimane nell'anima la visione del mesto convoglio passato.
Spesso una piccola croce, inflitta in un angolo del cataletto, indica che là dentro c'è un cadavere. Forse uno sventurato cadde morto repentinamente lontano dai suoi, che lo aspettavano tranquilli. Dove ?... Come ?... Chissà! Forse lo colpì una mano assassina, forse, contro se stesso violento, disperatamente si slanciò negli abissi d'oltre tomba; forse suicida ed omicida trascinò seco altre vittime. Oh il raccapriccio che destano due, più
feretri che si seguono, quando accade qualcuno di quei foschi drammi in cui gl'istinti più brutali e feroci prorompono come scatti di belve!
Di notte, il rossastro bagliore della torcia a vento rende ancor più triste la scena.
Ma ben più triste, ben più desolata doveva essere mezzo secolo fa, quando, nel 1885, il morbo fatale venuto dall'Asia infieriva in Firenze, ne rendeva le vie squallide deserte, in ogni casa, in ogni famiglia spargendo il terrore.
Mentre adesso tutti guardano compassionando, ma senza paura, al carro? lettiga che quasi direi, automobile della carità,  passa veloce, allora all'appressarsi dei neri fratelli che portavano a spalla, secondo il vero carattere della loro pia Istituzione, i colerosi, i cadaveri lividi orribilmente chiazzati, fuggivano tutti come temendone per l'aria il contagio. Giorni terribili furon quelli, e, come sempre in tali casi, pieni di slanci eroici di virtù e di fughe codarde innanzi al pericolo, di vili abbandoni.
I vincoli più sacri di sangue e d'affetto non sempre bastarono a trattenere presso il letto dei colpiti dal morbo, i congiunti, gli amici; ciascuno temeva per sé: l'egoismo si risvegliava ferocemente nei petti fiacchi che non sanno la bellezza divina del sacrificio, della dedizione completa del proprio essere, per la vita e per la morte, a benefizio degli altri.
Ma la seppero allora, come in altre simili circostanze funeste, i Fratelli della Misericordia, che sprezzarono il contagio e la morte pur di venire in aiuto a quegli infelici che il flagello colpiva e che l'abbandono spaventava più della morte stessa. E allora furono visti trasportare i morti, caro e santo peso, sulle proprie spalle ai lazzaretti, assistere intrepidi gl'infermi nelle case, vegliarne al capezzale gli ultimi momenti, non schifando nessuno dei più umili, più ributtanti servigi che il morbo lurido e atroce richiedeva. Ben 591 furono i Confratelli che, eroici soldati della carità, si offrirono instancabili al servigio dei colerosi. N'ebbero il premio, oltre che nell'intima soddisfazione pel dovere compito, per l'atto generoso e santo, anche nel rimanere incolumi tutti. Di quella eletta falange soltanto un piccol numero rimane oggi superstite.
Gli altri, dal Dio della carità avranno già ottenuto il premio immortale.
Sia pace alle anime loro ! Salutiamole oggi, memori con le parole di Gesù  Beati misericodes: beati i misericordiosi Sia gloria ai nomi di questi umili eroi! Figli quasi tutti del popolo, ben furono degni di questa Istituzione che già era vanto di Firenze quando il cuore pio e generoso di un popolano, Piero di Luca Borsi, le dette nuovo impulso, e nuovi modi trovò per alleviare le sofferenze degli infelici, ed alla quale poi si gloriarono di appartenere nobili e principesse.
Mentre molti ricchi tentavano di scampare al contagio epidemico fuggendo nelle solitarie ville signorili in luoghi non infetti e lontani, essi, figli del popolo, questi umili eroi rimasero e non s?isolarono nelle loro
case, ma sfidarono ogni rischio, e s?offrirono volentieri alla morte.
Tutti perciò, viventi o scesi per legge inesorabile di natura, nel sepolcro, tutti rimangono modello di fortezza di sacrificio, di carità cristiana.
Bello è ricordare oggi con solenne commemorazione religiosa e civile la pietosa opera loro in quei giorni terribili del 1855; bello è rendere tributo d'onore ai pochi superstiti di quell'anno fatale, i quali alla nobiltà del casato crebbero così lustro, alla dignità del sacerdozio crebbero splendore di opere sante, alla semplicità della condizione popolana impressero il carattere della nobiltà vera, quella delle azioni eroiche.
Siano i nomi di tutti loro in benedizione, e sia il ricordo loro esempio ed incitamento ai nobili ed ai popolani.
Luigi Battaglia
 

 
 ©2000 volontari.org