Pietà Vera Le nostre Associazioni, oltre
lo scopo di alleviare le sofferenze degli infermi, di sussidiare gli
indigenti............
Sante battaglie Genova, la forte e cattolica
città marinara che, fino dalle sue origini, ha saputo tenere alto il vessillo
della Fede.......
La giustizia L’appello pubblicato nel
penultimo numero del Bollettino per ottenere un trasporto un po’ più
decoroso per i defunti....
Beati Misericordes
Gennaio
1912
Uno squillar di cornetta, breve, secco, ripetuto tratto tratto, che va per
l'aria come uno straziante grido di angoscia, un rapido cigolare di ruote, uno
scalpiccio di passi frettolosi e cadenzati .... annunziano il passare
dei Confratelli della Misericordia in nera veste, con la nera buffa calata sul
viso. Una sventura ! .... un morto forse Accorrono sulla soglia dei negozi ;
s'affacciano alle finestre, la gente per via si ferma, guarda, domanda, e
gli uomini si levano il cappello per rispetto.
La coperta è rialzata da un lato su la lettiga .... un infelice vi è disteso
dentro, a volte contuso, ferito sanguinante, per disgrazia avvenuta o per umana
malvagità; a volte cereo, disfatto per lunga infermità, resa più atroce forse
dalla miseria, e vien portato allo spedale così.
Come stringe il cuore il gemere fioco degli sventurati!...
Che strazio l'incontrarsi talora del nostro sguardo con lo sguardo del misero
che di là, da quella lettiga vede, forse per l'ultima volta, la vita che ferve
a si agita per le contrade, per le piazze.
Si perde nel frastuono, nell'allontanarsi, lo squillare breve e secco della
cornetta e il rapido cigolare delle ruote, ma rimane nell'anima la visione del
mesto convoglio passato.
Spesso una piccola croce, inflitta in un angolo del cataletto, indica che là
dentro c'è un cadavere. Forse uno sventurato cadde morto repentinamente lontano
dai suoi, che lo aspettavano tranquilli. Dove ?... Come ?... Chissà! Forse lo
colpì una mano assassina, forse, contro se stesso violento, disperatamente si
slanciò negli abissi d'oltre tomba; forse suicida ed omicida trascinò seco
altre vittime. Oh il raccapriccio che destano due, più
feretri che si seguono, quando accade qualcuno di quei foschi drammi in cui
gl'istinti più brutali e feroci prorompono come scatti di belve!
Di notte, il rossastro bagliore della torcia a vento rende ancor più triste la
scena.
Ma ben più triste, ben più desolata doveva essere mezzo secolo fa, quando, nel
1885, il morbo fatale venuto dall'Asia infieriva in Firenze, ne rendeva le vie
squallide deserte, in ogni casa, in ogni famiglia spargendo il terrore.
Mentre adesso tutti guardano compassionando, ma senza paura, al carro? lettiga
che quasi direi, automobile della carità, passa veloce, allora all'appressarsi
dei neri fratelli che portavano a spalla, secondo il vero carattere della loro
pia Istituzione, i colerosi, i cadaveri lividi orribilmente chiazzati,
fuggivano tutti come temendone per l'aria il contagio. Giorni terribili furon
quelli, e, come sempre in tali casi, pieni di slanci eroici di virtù e di fughe
codarde innanzi al pericolo, di vili abbandoni.
I vincoli più sacri di sangue e d'affetto non sempre bastarono a trattenere
presso il letto dei colpiti dal morbo, i congiunti, gli amici; ciascuno temeva
per sé: l'egoismo si risvegliava ferocemente nei petti fiacchi che non sanno la
bellezza divina del sacrificio, della dedizione completa del proprio essere,
per la vita e per la morte, a benefizio degli altri.
Ma la seppero allora, come in altre simili circostanze funeste, i Fratelli
della Misericordia, che sprezzarono il contagio e la morte pur di venire in
aiuto a quegli infelici che il flagello colpiva e che l'abbandono spaventava
più della morte stessa. E allora furono visti trasportare i morti, caro e santo
peso, sulle proprie spalle ai lazzaretti, assistere intrepidi gl'infermi nelle
case, vegliarne al capezzale gli ultimi momenti, non schifando nessuno dei più
umili, più ributtanti servigi che il morbo lurido e atroce richiedeva. Ben 591
furono i Confratelli che, eroici soldati della carità, si offrirono
instancabili al servigio dei colerosi. N'ebbero il premio, oltre che
nell'intima soddisfazione pel dovere compito, per l'atto generoso e santo,
anche nel rimanere incolumi tutti. Di quella eletta falange soltanto un piccol
numero rimane oggi superstite.
Gli altri, dal Dio della carità avranno già ottenuto il premio immortale.
Sia pace alle anime loro ! Salutiamole oggi, memori con le parole di Gesù
Beati misericodes: beati i misericordiosi Sia gloria ai nomi di questi umili
eroi! Figli quasi tutti del popolo, ben furono degni di questa Istituzione che
già era vanto di Firenze quando il cuore pio e generoso di un popolano, Piero
di Luca Borsi, le dette nuovo impulso, e nuovi modi trovò per alleviare le
sofferenze degli infelici, ed alla quale poi si gloriarono di appartenere
nobili e principesse.
Mentre molti ricchi tentavano di scampare al contagio epidemico fuggendo nelle
solitarie ville signorili in luoghi non infetti e lontani, essi, figli del
popolo, questi umili eroi rimasero e non s?isolarono nelle loro
case, ma sfidarono ogni rischio, e s?offrirono volentieri alla morte.
Tutti perciò, viventi o scesi per legge inesorabile di natura, nel sepolcro,
tutti rimangono modello di fortezza di sacrificio, di carità cristiana.
Bello è ricordare oggi con solenne commemorazione religiosa e civile la pietosa
opera loro in quei giorni terribili del 1855; bello è rendere tributo d'onore
ai pochi superstiti di quell'anno fatale, i quali alla nobiltà del casato
crebbero così lustro, alla dignità del sacerdozio crebbero splendore di opere
sante, alla semplicità della condizione popolana impressero il carattere della
nobiltà vera, quella delle azioni eroiche.
Siano i nomi di tutti loro in benedizione, e sia il ricordo loro esempio ed
incitamento ai nobili ed ai popolani.
Luigi Battaglia