CONSIDERAZIONI E RILIEVI
SULL'ODIERNO MOVIMENTO FEDERATIVO ED ESPANSIVO DELLE
MISERICORDIE TOSCANE |
C. SARDI - 1900
Osserva giustamente il Passerini (Storia delle Istituzioni di Beneficenza nella
città di Firenze- Le Monnier 1853 ) che molte istituzioni di beneficenza
fondate dalla pietà dei nostri maggiori nelle varie città d'Italia generalmente
si rassomigliano fra loro per la natura e per il fine, ma le Misericordie ossia
le Confraternite religiose, le quali con questo titolo vanno esercitando
largamente le opere di carità, hanno una forma del tutto speciale che è propria
delle nostre città, sono istituzioni del tutto Toscane modellate più o meno su
quella di Firenze che fu sempre riguardata come la madre di tutte le altre.
Il genio della carità ebbe tra noi questa forma speciale e, a partire dal Medio
Evo fino all'epoca presente, quella forma e quel titolo lo vediamo riprodotto
nei molti sodalizi religiosi della Toscana i quali hanno scopi molto più vasti
di quelli assunti fino ab antico dalle pie associazioni congeneri che han vita
nelle altre regioni d'Italia. Lo scopo infatti delle più venerande
Confraternite delle quali si onorano molte città italiane (compresa Roma) era
generalmente limitato al trasporto e al seppellimento dei defunti, al ricovero
dei pellegrini, al conferimento dei sussidi; ma l'assistere i poveri ammalati e
mutarli di letto e trasportarli dalle loro case ai pubblici ospedali e il
rapido correre in soccorso dei feriti o dei caduti e il recar lenimento e
conforto ai cittadini nei tempi d'infortunio e di pubbliche calamità, tutto
infine questo complesso di fatti mediante i quali la carità si esplica non solo
nella vita spirituale ma nella vita civile e sociale è, non voglio dire, un
privilegio ma una proprietà distinta e tradizionale delle Misericordie Toscane.
Ed esse per secoli ebbero non dico il primato ma una competenza del tutto
speciale nell'esercizio di queste opere di pubblico soccorso; ad esse
spettarono quei servizi che altrove s'intraprendono a cura del Governo o dei
Comuni. I loro antichi organismi resistettero ad ogni mutare di ordinamenti
civili e politici; le loro tavole costitutive si salvarono dai naufragi che
nella seconda metà del secolo XVIII e sui primordi del secolo XIX sommersero
tanto tesoro d'istituzioni tradizionali o sciupate dal regalismo leopoldino o
divorate dal demanio francese. E non solo le tavole costitutive furono
conservate ma fin anco le consuetudini le quali talvolta possono parere assai
strane pel tempo nel quale viviamo ma che rivelano la soda pietà dei nostri
maggiori, 1'armonia nella quale vivevano sotto le ali della carità (benché
per altri motivi sovente disgiunti e inimicati tra loro ) e la feconda
operosità per il bene. La Misericordia di Firenze custode vigilante delle sue
tradizioni nel suo nuovo Statuto del 1873 non solamente, oltre la savia
costituzione degli uffici, conservò ancora i nomi di grembiulili e di
stracciafogli, ma non dimenticò neppure la prestazione dì certa misura di pepe
in grani la quale per l’esercizio di certi uffici soleva conferirsi a titolo di
ricompensa, disposizione la quale in modo evidente risale a quei tempi remoti
nei quali consideravasi il pepe come merce di lusso. Ed è bella la
conservazione di norme e di usi e di costumi che pur non avendo ragion d'essere
di fronte alle attuali contingenze, hanno però un nesso storico e logico con le
origini delle istituzioni e dimostrano 1'affetto che la presente generazione
conserva verso le onorate memorie del passato. Non accade così anche nella vita
domestica? Conserviamo noi solamente nelle case nostre ciò che troviamo utile?
No certo; conserviamo gelosamente talvolta. anche mobili ed oggetti che non ci
giovano ma ci son cari perché furono cari ai nostri poveri vecchi e vediamo in
essi rivivere la loro santa memoria.
E al tipo storico della Misericordia di Firenze tutte più o meno si
conformarono le altre Confraternite Toscane ad essa affigliate. L'importanza
morale e sociale di quelle istituzioni venerande le rese rispettate dai Governi
che si succedettero (anche da quelli che poco amoreggiavano con certe forme
tradizionali e con lo spirito che le avvivava). E questo d'altronde era lo
spirito dominante nella coscienza dei popoli. Chi poteva pensare a contrariare
le Misericordie, a scemare la loro potenzialità e molto meno a creare o
diffondere organismi civili che ad esse facessero concorrenza e tentassero
invadere il loro campo? Che la carità potesse farsi in un concetto puramente
laico poteva pensarsi o ritenersi possibile da qualche intelligenza isolata; in
tutte le età vi furono purtroppo i sofisti che credettero potersi fare a meno
d'una religione rivelata e vi furono inoltre gl’ignoranti che la pretesero a
filosofi. A quelli ed a questi poteva venire in mente una carità senza Cristo,
ma la coscienza popolare non avrebbe risposto a verun appello quando si fosse
parlato di dar vita ed incremento a istituzioni di beneficenza e di assistenza
create in omaggio alla libertà del pensiero.
Non vi erano pertanto né cause intrinseche né cause estrinseche le quali
potessero non dico minacciare o compromettere in qualche guisa la vita delle
istituzioni tradizionali ma neppur creare antagonismi o concorrenze di tal
natura da diminuire il loro vigore e la loro perenne operosità con grave
scapito di quel principio da esse rappresentato. Ed infatti sarebbe cosa dura
di fronte a una questione di principio il dover capitolare, il dover
riconoscere la propria impotenza o almeno la propria inferiorità, vedendo
espandersi l'opera di società laiche e magari massoniche su quel campo che era
prima riservato all'opera dei sodalizi religiosi. Queste apprensioni una volta
non esistevano o non potevano esistere. La vita degli antichi sodalizi scorreva
uniforme dappertutto, coordinate alle tradizioni non solamente nei principii
organici ma anche nei metodi e nelle parvenze esteriori. Inoltre ciascheduna di
queste Confraternite nella città dove trovavasi eretta procedeva per conto suo
senza preoccuparsi dell'altre con le quali assai raramente aveva rapporti o gli
aveva soltanto con i sodalizi più vicini per qualche trasporto di confrati
defunti. Erano però molto rare le occasioni che davano motivo a questi scambi
di servizio fra le diverse confraternite, e alle stesse affiliazioni mettevano
inciampo talvolta nei confini molto angusti della vita civile anche alcune
diffidenze d'indole regionale o provinciale. Mi ricordo che (sarà circa 20 anni
) quando esposi l'idea dell'affiliazione con quella di Firenze della
Misericordia di Lucca ad un vecchio confrate di questa, egli aggrottò le ciglia
e strinse i denti e si mostrò contrario. Evidentemente l'antica idea della
perduta autonomia lucchese, l'idea di Firenze capitale del Granducato
assorbente a spadroneggiante rendeva diffidente quel buon uomo. E buona parte
dei vecchi che avevano vissuto prima del 49 la pensavano come lui.
Se temevano essi le afflizioni le quali erano fatte a quel tempo ad un fine
puramente religioso, molto più doveva essere straniero alla loro mente
qualsiasi concetto di alleanza o federazione a scopi di comune difesa e di
comune intelligenza dal lato giuridico e morale.
L'afflizione di Lucca a Firenze fu infatti proposta ( per iniziativa non mia )
nel 1888, ma molti di coloro che avevano progredito abbastanza in quell'anno
per intendere 1'atto di afflizione non erano undici anni dopo maturi abbastanza
per comprendere 1'opportunità di un atto federativo. E allorquando al
magistrato di Lucca recai nell'inverno del 99 le conclusioni su tale argomento
deliberate dal Congresso di Pistoia cui avevo presieduto vi ebbero per parte di
alcuni un'accoglienza poco benevola.
Eppure i Congressi e l'opera federativa ed espansiva che da questi deriva sono
considerati da persone molto saggie come un fatto provvidenziale, uno di quei
fatti che sfuggono facilmente a chi studia le questioni in un modo forse troppo
subbiettivo e suol diffidare per sistema di qualsiasi spirito d'iniziativa; ma
si comprendono invece da chi pone mente alla questione studiandola innanzi
tutto di fronte alla dignità dei principii e tenendo conto di tutti gli
elementi di gravità che ne formano il contesto e la base.
Tra uomini di senno e di virtù egualmente animati dal desiderio del bene e
dall'affetto alle istituzioni si produssero pertanto due diverse correnti
d'idea relativamente ai Congressi e allo spirito di solidarietà e all'atto
federativo che da questo derivò. Io dichiaro di aver piena fiducia nei
Congressi e di averli desiderati e voluti come si desidera e si vuole una cosa
buona; ma forse meglio mi spiegherò nelle pagine che seguiranno.
II.
Lo stato caratteristico e permanente delle Misericordie Toscane era dunque
questo “fedeltà scrupolosa alle norme statutarie, tenacità di consuetudini,
immobilità di metodi, vita uniforme nelle singole istituzioni senza vincoli di
solidarietà con le istituzioni sorelle”.
In questi ultimi anni avvenne uno spostamento di questo sistema di vita e un
graduate risveglio subentrò a quella immobilità secolare. Fu bene? fu male?
Ecco il problema molto grave per sua natura, largamente discusso da molti e
causa permanente di agitazioni che di alcune Confraternite turbarono il
regolare andamento.
Per profferire un giudizio sull'ardua questione fa mestieri esaminarla con
l'animo scevro da preconcetti; senza eccessiva tenacità nell'amore del vecchio,
senza entusiasmo eccessivo per 1'amore del nuovo. E sopra tutto fa d'uopo
studiarla assorgendo all'alta regione dei principii e soltanto alla stregua di
quelli subordinando la ragione dei fatti. E innanzi tutto è necessario chiarire
questi due grandi postulati:
1.ª Quali furono le cause di questo risveglio che imprime un novello impulso
alle vecchie istituzioni toscane?
2.ª Accertate tali cause, qual fu la ragione iniziale di questo risveglio che
ebbe la sua prima manifestazione nel Congresso di Pistoia? Questo movimento fu
sano nell'esordio che lo determinò? Prevalsero in questo le idee conservative o
le idee novatrici? Soffermiamoci al primo quesito. Il risveglio fu in parte
determinato da fatti d'indole giuridica e in parte da fatti d'indole pratica.
Quasi tutte le Misericordie Toscane (parlo di quelle delle città e delle più
importanti borgate) hanno una duplice vita religiosa e civile perché erette e
conservate in conformità dei canoni si trovano da un lato soggette alla Chiesa
e dall'altro per il loro carattere di pubbliche istituzioni di beneficenza si
trovano, in virtù delle leggi, subordinate all'autorità dello Stato.
Dirò soltanto, a guisa di digressione, che in alcune per effetto di eventi
passati e (mi sia concesso di dirlo con onesta franchezza) per la poca
sollecitudine che n'ebbero le persone pie e religiose, in alcune, io dico,
prese l'indole civile un eccessivo sopravvento sull'indole religiosa, e fu
male. Abbiano le Confraternite il doveroso rispetto all'autorità dello Stato,
ma se la prevalenza di un tale sentimento su quello che costituisce l'indole
essenziale delle istituzioni delinea questo nuovo indirizzo nella vita morale
delle istituzioni medesime, da questo potrà derivare un danno molto evidente
per ciò che riguarda lo spirito che ab origine le animò. Certe parvenze di
modernità per ciò che riguarda le manifestazioni politiche e rigida
conservazione dei metodi per quanto riguarda l'azione caritativa mi sembrarono
strane quando ebbi modo di osservarle in alcune Confraternite. Le parvenze
politiche prevalgono poi talvolta nelle Fratellanze o Associazioni di mutuo
soccorso tra i Confrati che sursero quasi dovunque come piante novelle in
vicinanza dell'annoso tronco, figlie rigogliose ma spesso male atteggiate di
fronte alle rigide madri troppo avare per avventura nel concedere a tempo
opportuno le riforme che si domandano da questi nuovi organismi che sono, come
suol dirsi, un’arma a due tagli; cioè possono esser benefici a completar
l'opera della istituzione madre ove si trovino in pace con essa e possono
danneggiarla se fra di esse per avventura assorge un conflitto. Io non ho mai
dubitato della modernità de' metodi in quanto servono a meglio conseguire i
fini delle istituzioni; ho però diffidato della misura eccessivamente larga che
assume la vita civile dicontro alla vita religiosa nel seno delle istituzioni
medesime. Guai se l'immagine di Gesù Crocifisso si trova sopraffatta (come mi
accadde di vedere una volta) fra gli emblemi d'altra natura! Abbiano le leggi
la dovuta osservanza, abbia l'autorità dello Stato il rispetto che a lui
compete, ma l'indole religiosa delle istituzioni mantenga il suo primato su
quell'assetto giuridico che le istituzioni medesime ricevettero dallo Stato.
Forse nella Toscana nostra il regalismo d'altri tempi diè vita a questo
fenomeno da me rapidamente osservato.
Questo fenomeno però del quale ho segnalato le manifestazioni già in parte si
venne attenuando.
Fino a pochi anni or sono le leggi dello Stato non avevano compromesso né le
tavole costitutive né gli organamenti tradizionali delle Confraternite. Fu
quella del 17 luglio 1890 la quale suscitò qualche dubbio ed elevò nuovi
problemi relativi specialmente a quei sodalizi che non erano costituiti del
tutto a base elettiva ma avevano il loro Senato nei capi di guardia o
conservatori a vita, elemento ch'io giudico importante nella vita delle
istituzioni per mantenervi, acceso il culto delle tradizioni. Qual era, qual
poteva o doveva essere di fronte alla nuova legge la situazione delle antiche
costituzioni? Il rispetto alle tavole costitutive riconosciuto dalla legge
arrivava fino a tal punto; oppure la forma elettiva imponevasi all'ordinamento
amministrativo di tutte queste Opere Pie? Ecco il problema e la necessità
d’intendersi e di risolverlo; la necessità di formare, come suol dirsi, un
fascio di tutte le forze, la necessità di preparare, per qualsiasi evento,
un'azione collettiva presso i poteri legislativi e presso i poteri dello Stato,
per una comune intelligenza, per una difesa comune, fe' nascere il pensiero di
unirsi, di pensare e discutere e decidere ed operare di comune accordo.
Uno dei motivi che sospinsero le antiche Confraternite a quest'opera di
affratellamento fu dunque questo ed ha la sua ragion d'essere nella loro vita
giuridica.
Ma un altro ve ne fu; e non fu bene determinato, non formò direttamente un tema
di discussione né pel Congresso di Pistoia né per quello di Firenze; parve anzi
un argomento di natura tanto delicata da non doversi trattare ma fe' capolino
nelle discussioni, emerse qua e là come una sostanza della quale è saturo
l'ambiente che la contiene; e fu la questione relativa alla modernità dei
metodi.
Nel tempo fino ad oggi decorso nessuna associazione, come sopra poc’anzi
osservai, sarebbe discesa nella lizza per contrastare alle istituzioni secolari
il campo dell'azione pubblica caritativa. Ma oggi gli eventi mutarono e, volere
o non volere, ruppero qua e là la ferrea tenacità dei sistemi mostrando la
necessità di una orientazione nuova di fronte alle molteplicità delle
associazioni laiche le quali vi discendono nel nome di un principio civile,
laico, umanitario disgiunto dal fine religioso e armate alla loro volta di
tutto quel vasto complesso di metodi nuovi che vengono apportati dalla scienza
ai progressi della carità.
Inutil cosa è l'illudersi. Se guardiamo all'avvenire la sorte prevedibile per
molte Confraternite, ove la via pratica non si trovi per conciliare la
mutabilità dei metodi con la immutabilità dei principii, sarà quella di
rimanere nella loro forma maestosa preziosi monumenti del passato; sodalizi
tutto al più rispondenti a quel precetto divino che pone fra le opere di
misericordia il seppellimento dei morti; ma le opere di misericordia verso i
poveri feriti ed infermi mal si possono esercitare non adottando i metodi
nuovi. É bello e caratteristico quel lento e maestoso passaggio per le vie dei
Fratelli di Misericordie che vestiti del nero sacco a lenti e gravi passi
trasportano i poveri all'ospedale; ma tali forme di servizio diventano rare
essendo insostenibile la concorrenza delle nuove associazioni che corrono
rapidamente, senza 1'impaccio delle cappe e delle buffe, trascinando per le vie
della città i carri -lettiga a mano congegnati mirabilmente nei loro movimenti,
eleganti, spediti, facili al corso o battono la campagna con i carri a trazione
ippica. Queste opere di soccorso sono ispirate senza dubbio da un sentimento
umanitario, ma non sono fecondate dal sentimento religioso da cui deriva la
carità che é l'amore ordinato alla verità.
Di fronte a questo spettacolo che diranno, che faranno le antiche istituzioni
le quali di questo sentimento hanno la custodia tradizionale col relativo
dovere di curarne il prestigio, il decoro, la diffusione?
Dovrà la Croce di Gesù Cristo capitolare su questo campo dinanzi alla Croce
senza Cristo?
Ed ecco un fatto nuovo il quale non si limita a turbare la vita esterna delle
istituzioni ma la turba pure all'interno creando motivi di dissidio che una
volta non esistevano; ecco il campo della carità cristiana diviso fra coloro
che diffidenti del nuovo si annidano tenaci nel vecchio e coloro che verso il
nuovo vorrebbero precipitarsi con entusiasmo irruente. La parte retriva é
spesso rappresentata dall'elemento dirigente, la parte progressiva
dall'elemento militante; da ciò le clamorose domande, le facili proteste, le
aspre polemiche e talvolta le secessioni col mezzo delle quali una parte delle
forze attive si allontanò dalle Misericordie per unirsi ad altre associazioni o
per formare associazioni nuove affette da ibridismo e per mancanza di principii
organici e direttivi facili a degenerare. Ed ecco sorgere da questo fatto
medesimo un nuovo argomento per intendersi a regolare di comune accordo le
questioni interne mediante un tribunale di famiglia col mezzo di un arbitraggio
per modo da impedire che tali questioni vadano a far capo alle autorità tutorie
e ai corpi delegati a risolverle ufficialmente con le norme della
giurisprudenza amministrativa e giudiziaria.
Queste furono in complesso le ragioni fondamentali che fecero nascere l'idea
dei Congressi e il relativo progetto di una Federazione.
III.
Rispondo pertanto al secondo quesito che vi proposi nell'esame di questi fatti
e affermo con piena coscienza che non erano giustificate le diffidenze che si
ebbero verso una tale iniziativa. Gli atti del Congresso di Pistoia come quelli
del Congresso di Firenze attestano la verità di questa mia recisa affermazione.
E dico inoltre che dal carattere sano e schiettamente religioso che ebbero tali
iniziative possono trarsi gli auspici assai favorevoli relativamente all'indole
di questo risveglio.
A chi venne infatti la prima ispirazione di un Congresso? Al magistrato della
Misericordia di Pistoia costituito da persone rettissime, calme, prudenti, fra
le quali emergono sacerdoti di vita intemerata e di soda pietà, alieni da
qualsiasi eccessiva transigenza sull'indole religiosa delle istituzioni, e
desiderosi di vederle ringiovanite nello spirito antico. Per ciò che riguarda
la questione di principio il movente dei Congressi ebbe una ragione del tutto
conservativa. I due Congressi delle Misericordie furono effettivamente due
Congressi religiosi, e le questioni giuridiche attenenti alla tutela morale
ebbero pure un carattere del tutto conservativo studiandosi il modo di
difendere e di sostenere le ragioni statutarie degli antichi sodalizi che son
base al loro grande edifizio storico religioso e morale. Nessuna nota
discordante per ciò che riguardava la incolumità dello spirito turbò mai quelle
riunioni pacifiche animate da un unico intendimento. Né il carattere religioso
dei Congressi fece omettere la parte dovuta all'arganamento civile delle
istituzioni. Alle autorità civili venne rivolta una preghiera perché volessero
intervenirvi e queste con lettere cortesi mandarono la loro adesione attestando
la più viva riconoscenza e facendo voti per la prosperità delle pie istituzioni
delle quali ricordavano le antiche benemerenze. Ai lavori dei Congressi
parteciparono uomini eminenti che onorano la magistratura ed il foro e alcuni
illustri cultori della scienza sanitaria. Il Congresso di Pistoia si apri con
la presenza del Vescovo venerando Mons. Mazzanti; quello di Firenze si chiuse
con quella del novello Arcivescovo Mons. Mistrangelo che con la sua parola
soave diè lena e conforto alle fatiche e alle speranze di tutti. Le
Misericordie Toscane affermarono dunque nei Congressi la loro fedeltà ai
principii tradizionali che le animarono e le sostennero fin dall'origine, e fu
bella una tale affermazione che ebbe un carattere di vera solidarietà mettendo
in luce un fatto consolante che é questo -Nelle singole Confraternite ha larga
prevalenza lo spirito antico; la politica che dovrebbe' essere straniera del
tutto alla vita di queste istituzioni qua e là le attraversò, ma senza
dilagare; portò per avventura turbamento ma non devastazione. E quell'onda di
laicismo invadente che aveva stagnato nel seno delle associazioni secolari oggi
tende a riversarsi per altra via e le piante sommerse ed inclinate dal passare
delle acque correnti, nuovamente dispiegano le loro fronde sotto i raggi del
sole che vivifica a feconda. Il sorgere di associazioni nuove e civili nel
campo della carità se nocque da un lato alle antiche creando concorrenze assai
potenti ed imprimendo all'azione caritativa un'indole nuova, contribuì per
altro in modo efficace al risorgimento dell’antico spirito delineando e
determinando nettamente i due campi di operosità in ambedue dei quali si lavora
con identico fine ma sotto l'impulso e l'impero di principii e sentimenti
diversi; da un lato l'opera novatrice della ragione umana emancipata dalla
ragione divina, dall'altro la fede e la tradizione; da un lato l'uomo che pensa
ed opera da se solo; dall'altro l'esemplare divino, il Dio fatto uomo ed
esperto degli umani dolori - Carità a filantropia stanno l'una in cospetto
dell'altra; la prima risponde ai bisogni del sentimento e alla parola
evocatrice de' secoli; la seconda è il prodotto storico di una filosofia
novatrice nemica del tradizionalismo, la quale per il corso di due secoli,
divorziata da Dio, si è dibattuta oscillando come l'ago della bussola impazzita
per fenomeni magnetici, correndo morbosamente dall'idealismo al positivismo,
dal positivismo al collettivismo, dal socialismo della cattedra al socialismo
della piazza. La carità intuisce l'idea del progresso nella fede e nella
tradizione; la filantropia dottrinaria si adatta all’ideale laico e
materialista di una generazione che passa; la prima è coordinata nella eterna
virtù di un principio ad un concetto d'immutabilità; accetta la mutabilità dei
metodi, ma rinnega la mutabilità dell'idea; la seconda è trascinata invece da
un concetto evolutivo che si viene attuando nel campo teoretico e psicologico
come nel campo pratico ed attivo. A qual mete daranno approdo queste due
diverse correnti lo potran dire le generazioni future. Noi riteniamo che l'idea
cristiana, come diceva Chateaubriand, sia l'avvenire del mondo e stando fortes
in fide, abbiamo motivo di credere che l'avvenire sarà per noi e il parossismo
anticristiano passerà come passarono tutti gli errori umani e tutti gli umani
dolori. Ma è bene che chi pensa in modo diverso dal nostro abbia pure un
ambiente diverso per coordinare al suo pensiero 1'opera sua. Per tal modo chi
crede che possa esservi carità senza Cristo non ha l’occasione di più
trattenersi a scopi puramente umanitari nel campo della carità cristiana; una
via nuova è aperta a lui e per lui; quella delle opere filantropiche, delle
associazioni laiche. E per tal guisa il nostro tempo si va purificando. Le
Misericordie Toscane, fedeli al loro passato e fidenti nel loro avvenire in
omaggio a quell'alto principio da cui furono generate e governate, sentirono il
bisogno di purificarsi e di trincerarsi nella loro difesa morale e giuridica;
sentirono che avevano un dovere nuovo da compiere; quello cioè di sostenere la
incolumità del loro essere e la dignità e la perpetuità della loro virtù
generative.
IV.
L'idea cristiana è l'avvenire del mondo! Sì; è questa una grande verità che ci
rende animosi e confidenti. La libertà e la carità sono sorelle e sotto le loro
ali fin dall'esordio dei tempi cristiani si organizzò per il bene morale e
sociale, nella coscienza dei popoli, lo spirito di associazione. Le
Confraternite e le Associazioni pie che il secolo nostro ereditò da quelli che
lo precedettero, da un nesso logico e storico son legate alle prime
aggregazioni, alle prime scholae o corporazioni che ebbero vita col sorgere del
cristianesimo. Il paganesimo le avversò ed insidiò come pel volgere dei secoli
le insidiarono l'eresia, l'umanesimo e il filosofismo sotto la varia forma di
razionalismo idealista o positivista; ma esse procedettero e procederanno
attraverso i secoli sulla via sacra del progresso cristiano.
Non confondiamo la virtù cristiana con le varie modalità delle sue
manifestazioni; non confondiamo i principii ed i metodi, la sostanza e la
parvenza. La carità di per se stessa come virtù generativa della beneficenza
non è suscettibile di evoluzioni; è quella che è, è l'amore ordinato alla
verità, né può disgiungersi mai dalla verità rilevata. La teoria della
evoluzione non é dunque applicabile alla carità; ma la beneficenza (boni
efficentia) che é l'arte del bene, cioè la manifestazione pratica della carità,
può e deve adattarsi nei suoi metodi ai costumi che mutano, ai mezzi che
progrediscono, alle generazioni che passano. La vita delle istituzioni nel suo
rapporto con la vita morale dei popoli ci mostra le ore solenni, i momenti di
massima gravità. Il secolo XIX passò grave di eventi turbinosi, agitato,
morboso e tumultuario nella lotta perenne fra il bene ed il male, e in questa
lotta é difficile assai discernere talvolta il bene dal male. Non è tutto bene
ciò che a noi si presenta sotto le apparenze lusinghiere del miglioramento e
del progresso; anzi talvolta é male e ne accade di trovarci assai facilmente
ingannati da un falso miraggio che ci attira e ci seduce. E all'incontro non è
tutto male ciò che da molti viene segnalato paurosamente come sintomo di rovina
morale; anti talvolta, se ben si considera e si medita, la Provvidenza ci viene
apprestando nei prodotti del pensiero moderno i mezzi necessari per conservare
e ringiovanire le opere del genio cristiano. Ma é quasi istintiva dello spirito
umano la riluttanza pel nuovo, il paventare di tutti gli eventi, il considerare
in un modo troppo subiettivo le istituzioni e le opere loro, e il volerle
com'erano, come furono sempre per la terra di vederle sciupate o degenerate. E
frattanto un timore di tal sorta legittimo per sua natura ed anche lodevole e
Santo immobilizza la nostra energia; la timorosa sollecitudine per un'opera
tradizionale da noi amata e custodita ci fa sovente dimenticare la natura di
quell'opera stessa ed il fine cui dev'essere subordinata per la virtù e per
l'onore di un principio. E avviene da ciò che noi assistiamo impassibili e
tranquilli alle vaste applicazioni dei metodi moderni ed efficaci all'azione
caritativa fatta ad intero beneficio delle istituzioni nuove militanti sotto
una insegna molto diversa dalla nostra, ed in cuor nostro ci sentiamo appagati
del sonno in cui viviamo e non si riflette abbastanza che il sonno a poco alla
volta si converte in un letargo foriero della morte mentre d'attorno a noi
ferve il parossismo della vita, di una vita che noi sdegnamo, dalla quale
rifuggiamo per uno spirito d’inerzia mal confacente allo spirito illuminato del
Cristianesimo e della Chiesa. Fu questa, mi si consenta di dirlo, la situazione
dominante nel governo di molte Confraternite le quali nel loro fine
statutario hanno le opere di soccorso a favore dell'infermi e dei feriti. Ai
reggitori di siffatte istituzioni le quali pure rappresentano il pensiero
cristiano e cattolico fecondo di attività e di progresso non dispiaceva
talvolta il vedere le loro città percorse a destra ed a sinistra dalle
associazioni laiche provvedute di tutti quei mezzi che a servigio della carità
furono modernamente apprestati dalla scienza meccanica e sanitaria. Essi
contemplavano per avventura impassibili questo moltiplicarsi dell'attività
caritativa nel campo altrui; guardavano i carri - lettighe, i carri a trazione
ippica, i letti da campo, le stanze di asilo, i medicatorj, le opere d'ogni
sorta che là si organizzavano e tuttavia mostravansi appagati dei loro
cataletti, delle loro barelle, delle loro portantine e dei ferrei regolamenti
antichi che sovente coartano e paralizzano l'azione loro fra le mura cittadine
o dentro la cerchia delle fortificazioni urbane o nel breve perimetro dei
sobborghi.
Ma al di là di quelle fortificazioni, al di là di quei sobborghi esistono le
popolazioni rurali alle quali non estendevasi punto l'opera dei sodalizi
cittadini. Solamente da pochi anni si è pensato a render più celeri e più
comodi i trasporti ai pubblici spedali dei poveri ammalati di campagna. Quante
volte mi rammento di aver veduto questi disgraziati tremanti per febbre,
fasciati alla peggio con una coperta da muli e trasportati sopra un barroccio!
Talvolta poi, quando la violenza del male costringevali a giacere si
trasportavano alla città distesi sopra una scala a pioli coperta di un
imbottito, o con quattro rami di pino s’improvvisavano trespoli a guisa di
barelle. Quante volte ho veduto simili trasporti ! E i buoni contadini per
sentimento di pietà verso i loro poveri infermi facevano quel che potevano,
quel che sapevano fare ed erano talvolta edificanti nella loro abnegazione.
Parecchi anni or sono, nel cuor della notte, m'incontrai per avventura in una
lenta e numerosa processione di poveri montanari che dai monti della Val di
Lima erano giunti a Lucca percorrendo a quel modo una distanza di molti
chilometri per portare un malato all'ospedale; nessuno li pagava, facevan tutto
per carità, fra tanta fatica e disagio . . . . povera gente!
Oggi però questa povera gente ha compreso che la carità coadiuvata dalla
scienza fino ad essi allargava le sue ali benefiche! Il progresso dei mezzi di
soccorso va in ragione diretta con l'aumento della viabilità, con la speditezza
delle comunicazioni, con tutto il fermento della vita moderna e va pure in
ragione diretta con l'aumento della popolazione e con il moltiplicarsi dei casi
disastrosi. Un infortunio sul lavoro è, per esempio, un caso abbastanza raro
fra le popolazioni agricole, ma è purtroppo frequente fra le popolazioni
operaie accentrate talvolta in località del contado, occupate sovente al
maneggio di macchine di fronte alle quali diventa micidiale ogni atto di poca
prudenza, e congiunte alla città per mezzo di strade frequentate da veicoli
d'ogni sorta, carrozze, automobili, diligenze, barrocci e calessiní,
attraversate dalla ferrovia, solcate dalle rotaie del tram, percorse con
celerità vertiginosa dalle biciclette. Al primo disastro che avviene oggi né
il contadino né l'operaio pensano a improvvisare la barella, ma corrono alla
prima stazione telefonica per chiamare al soccorso….
Avete provato mai a trovarvi, per esempio, negli uffici d'una Misericordia e
udir suonare il telefono? Pronti! Chi é? . . . É la voce concitata di un uomo
commosso alla vista di un disastro . . . è talvolta la voce di un Parroco, di
una persona autorevole la quale ci dice - Un operaio è rimasto fra l'ingranaggi
di una macchina, un vecchio è stato atterrato dalle ruote di un tram, un povero
contadino è caduto da un albero: occorre un pronto soccorso . . . . Venite ! -
E che punta al cuore è il dover loro rispondere: non possiamo, non abbiamo
mezzi . . . e sentirsi dire da loro “ Grazie lo stesso . . . se non potete voi
ci rivolgeremo altrove “ .
No, non è mica un spirito di meschina emulazione il sentimento che ci rende
amara quella risposta ! Può esservi chi l'intende a quel modo; ma chi ha
sentimenti elevati si rammarica per un pensiero d'altra natura. Perché siamo
tanto impotenti? Quell'insegna sotto la quale noi militiamo non è forse un
simbolo di progresso? La natura delle istituzioni nostre ci vieta forse di
utilizzare a servizio della carità quei mezzi dei quali si servono le Società
di Assistenza? O quei mezzi, coi lumi della scienza, non vennero invece
apprestati da Dio perché servissero al loro intento benefico, adoperandoli nel
nome di lui e non solamente in quello dell'uomo? Le opere di misericordia non
son opere sue, e noi non abbiamo il dovere di compierle nel modo migliore; non
abbiamo il dovere di esplicarle e di completarle? Quali motivi ci trattengono
dall'uniformare nei metodi 1'azione nostra a quella delle altre istituzioni?
I motivi son due, come già dissi, l'inerzia ed il timore; poco giustificabile
la prima, apprezzabile invece il secondo.
Non è giustificabile l'inerzia propria generalmente di quelli che per indole
loro rifuggono dalle iniziativa, non assorgono dai fatti ai principii e non
hanno una esatta comprensione dei tempi, degli uomini e delle idee. So che da
alcuni si dice, a proposito di questo fermento di vita che si rende manifesto
nelle Associazioni laiche “ son cose che passano ! “ Chi parla in tal modo non
comprende affatto quel complesso di contingenze delle quali ho parlato poc'anzi
ed è somigliante a quel villano della favola che, sulla riva del fiume,
desideroso di varcarla, stava pazientemente aspettando che 1'acqua passasse.
Troppi fatti morali, troppi fenomeni psichici, demologici e sociali ci
dimostrano che le condizioni della vita non mutano per brevi vicende quando
perdurano gli agenti che le hanno determinate e le mantengono; e i bisogni
della società umana sono appunto il prodotto di questa sua fase vitale e a
questi bisogni e mestieri coordinare i soccorsi, in una misura adeguata, se pur
vogliamo corrispondere ai fini della Provvidenza.
L'inerzia non ha dunque, a parer mio, sufficienti giustificazioni nell'animo
dei retrivi; mentre il loro timore non solo è giustificato ma è pur anco
lodevole, temendo essi che 1'allargamento e la innovazione dei metodi portino
alterazione al tipo storico delle istituzioni, spostino le condizioni della
loro vita morale e rendano fiacco lo spirito religioso. Quel timore è ben
grave; ma è grave altresì quel problema cui più volte ho accennato. É mestieri
pertanto esaminare dal lato pratico una tale questione. Sostituito il
carro-lettiga al cataletto nei trasporti dell'infermi ne viene di necessità
(massime nei casi d'urgenza) la sostituzione dell'abito borghese fregiato da un
semplice distintivo alla cappa che è 1'abito religioso e tradizionale delle
Confraternite. Tutte o quasi tutte quelle che fecero esperimento di questi
nuovi metodi di assistenza si trovarono nella necessità di una simile
transazione. Quando si tratta di organizzare i servizi con la massima
sollecitudine il cingere la cappa è un sacrificio di tempo; tutto si fa
malamente, in fretta e alla rinfusa; eppoi non c'è nulla di più goffo di un
gruppo d'incappucciati, con la buffa sugli occhi che corrono affannati e
confusi trascinando una lettiga senza la necessaria speditezza dei loro
movimenti nel passo e nel corso. La cappa e la buffa si addicono al passo lento
ed ordinato col quale procedono in via ordinaria le gite o brigate dei Fratelli
a seconda delle consuetudini antiche; ma quell'abito non è fatto per correre.
L'abolizione della cappa nei servizi d'urgenza venne tosto invocata dai
Fratelli allorquando i magistrati delle Misericordie prescrissero l'uso della
lettiga. Se una tale riforma fu concessa a tempo opportuno, non diè luogo ad
agitazioni; ma, riluttando i magistrati ad una tal concessione,. ne avvennero
talvolta malcontenti e secessioni e turbamenti dell'ordine interno e
controversie che assunsero disgraziatamente il carattere di pubblicità. Ma vi è
ancora di più. La modernità dei metodi alletta 1'elemento giovane che è
l'elemento militante; in molti casi difficilmente si accerta nei servizi il
carattere d'urgenza e di fronte alla nuova consuetudine si va lentamente
capitolando per guisa che il servizio per il trasporto dell'infermi si fa
totalmente con l'abito borghese. Resta, è vero, la cappa per i servizi dei
defunti; ma nelle Confraternite dove i punti di merito per i servizi
all'infermi e per i casi d'urgenza compensano l'adempimento degli obblighi per
il servizio dei defunti, avviene che questo ramo di servizi, tanto importante
nella vita morale e religiosa delle Confraternite stesse, a poco alla volta si
viene spopolando. Si diradano le file da un lato e si accrescono dall'altro.
Questa più o meno è la procedura dei fatti da me osservati nella vita delle
Confraternite le quali adottarono l'abito borghese coi servizi d'urgenza, e
questo fatto giustifica le apprensioni ed i timori specialmente da parte dei
vecchi che nella trasformazione dei metodi intravedono la trasformazione degli
enti.
É giusto (l'ho già detto tante volte ) il timore di costoro; ma è pur vero che
nelle attuali contingenze, non adottando i metodi nuovi, le Confraternite
possono far conto di rinunziare a tutta la parte sanitaria, a tutte le opere di
soccorso, a tutta quell'azione caritativa che dalle società religiose viene in
tal modo trasferita nelle mani delle società laiche le quali talvolta hanno un
carattere notoriamente massonico.
Soffermiamoci pertanto dinanzi ad un'alta questione di principio.É bene che
dinanzi a questa invadenza del laicismo noi battiamo la ritirata? No certo ed
oso dire che la nostra ritirata sarebbe ingloriosa derivando dal fatto che noi
ci ostiniamo a lottare con armi rugginose rifiutando, per la difesa di un
principio, i mezzi progrediti e perfezionati. I diritti ed i principii non si
conservano come gli oggetti d’arte nei musei. I musei somigliano alle
necropoli; le nostre associazioni sono città viventi.
A qual mezzo pertanto ricorrere per tener alta la nostra bandiera? Fuori della
Toscana so che si organizzarono e si vanno organizzando Società Cattoliche di
Pubblica Assistenza non con la forma di Confraternite ma con quella di semplici
Società secondo l'uso modernamente adottato anche nell'azione cattolica. Anche
in Toscana ne ho visto nascere di queste associazioni nelle piccole borgate ed
ho procurato che l'opera loro si confederasse a quella delle Misericordie per
lo scambio dei servizi; ma cosa inutile, oltreché vana, sarebbe, a parer mio,
il dar vita ad associazioni di tal sorta nelle città dove già esistono e
dispiegano l'opera loro le Confraternite antiche. Innanzi tutto sarebbe lento a
difficile, per mancanza di uomini, per mancanza di mezzi il loro impianto e il
loro svolgimento; assai difficilmente diventerebbero popolari e potrebbero
conseguire un tale intento, mentre lo conseguono facilmente le Confraternite
che hanno tradizioni e patrimonio e ordinamento giuridico e nucleo numeroso di
Fratelli militanti. Inoltre poi, data pure 1'ipotesi che le nuove associazioni
entrino effettivamente nel campo delle opere già esercitate dalla Misericordia
si avrebbe una duplice concorrenza e una fonte assai prevedibile di dispute e
controversie fra istituzioni congeneri nel fine e ispirate dal principio
medesimo.
Volendo sostenere questo ramo di azione pubblica nel campo cattolico é dunque
necessario che le Misericordie assumano tra noi queste funzioni nella vita
religiosa e sociale.
Ma è anche necessario che le Misericordie conservino la loro integrità e tutte
le loro forme tradizionali per quanto riguarda gli altri rami di azione
religiosa ed in modo speciale si mantengano le forme tradizionali nel trasporto
dei defunti e sia numeroso il concorso di coloro che li frequentano.
Le Misericordie nel loro assetto religioso e giuridico devono rimanere ciò che
sono, ma, per quanto riguarda l'opera sanitaria, deve svolgersi nel loro seno
un'azione nuova parallela all'azione antica ma non confusa con quella. Deve
ottenersi in pratica la divisione dei servizi col mezzo di opportune riforme
regolamentari. Obbligo assoluto dei Fratelli sia quello di dare adempimento nel
corso dell'anno ai loro turni di servizio con cappa per il trasporto dei
defunti. I servizi in borghese siano facoltativi ma per essi si stabiliscano
punti di merito e premi speciali, e nei premi si largheggi in proporzione delle
fatiche. In pratica si vedrà che i Fratelli non potendo con i servizi in
borghese spuntare i servizi con cappa proseguiranno a frequentarli in
conformità degli obblighi loro, mentre alla lor volta volonterosi lavoreranno
anche nel campo facoltativo se vedranno che l'opera loro sarà tenuta in gran
conto dai magistrati delle Confraternite e incoraggiata e premiata. Cosi, come
già dissi, un'azione nuova si svolgerà parallela all'azione antica ed ambedue
li scopi si conseguiranno per l'onore delle tradizioni antiche e delle nuove
necessità.
Se un pratico esempio può esser utile a spiegare il pensiero mio, dirò che la
Misericordia di Lucca trovò nell'accennato temperamento la soluzione del
problema.
Sul cadere del 97 il Consiglio dei Conservatori stabilì che nei casi di urgenza
si sostituisse alla cappa un semplice distintivo consistente in un nastro nero
al braccio sinistro con un piccolo scudo metallico recante la immagine di Gesù
Crocifisso. Lentamente, a poco alla volta, per evitare attriti e controversie e
contentare in equa misura il desiderio dei giovani attivi ed operosi e
affezionati alla Confraternita si tollerò che, trattandosi di servizi per
ammalati (anche in via ordinaria) si usasse il distintivo a preferenza della
cappa. Alla metà del 98 ebbero principio i servizi con vettura intrapresi a
benefizio delle popolazioni rurali. Questi crebbero nel 99 fino al numero di
251 e questi pure si fanno in abito borghese fregiato con la insegna religiosa
(I servizi per trasporto d'infermi e feriti che erano stati 693 nel 98 salirono
nel 99 al numero di 903 dei quali 657 con lettiga a mano e 251 con carro a
cavalli. Un notevole aumento si è già poi manifestato nell'anno corrente. Per
il biennio 1898-99 si ebbe nei servizi della Misericordia il seguente resultato
complessivo - Trasporti di defunti numero 570 - Trasporti di ammalati 1606 -
Cambiamenti di letto 3716 - Assistenze notturne 167.)
. Nel decorso del 99 fu costatata una diminuzione nella frequenza dei Fratelli
ai servizi di Oratorio con cappa poiché i Fratelli ai quali, a sgravio degli
obblighi loro per detti servizi, era valida la diligenza acquisita nei servizi
in borghese si attenevano a quelli soltanto. A ciò provvide il Consiglio con
una deliberazione del 23 febbraio 1900 con la quale si stabiliva la divisione
dei servizi, determinando che i servizi antichi rimanessero obbligatori per
ogni confrate e incoraggiando i nuovi con diligenze e premi speciali.
I benefici effetti di un tale provvedimento non tardarono a costatarsi. Qualche
sintomo di mal umore si andò manifestando; ma la fermezza del magistrato e,
conviene dirlo a loro lode, la fiducia e la deferenza verso di esso da parte
dei giovani confrati e il comune desiderio del bene soffocarono ed attutirono
quei germi di malcontento. Oggi le gite dei Fratelli ai servizi di Oratorio
ritornarono abbastanza numerose né mai mancò il personale ai servizi in
borghese.
Noi siamo dunque in questo caso. Vediamo svolgersi un'azione nuova parallela
all'antica e senza danno di quella. La Misericordia nostra in tutte le sue
forme tradizionali rimase qual era, mentre l'azione nuova, con l'aiuto di Dio,
si allargò per modo da riconquistare in grandissima parte il terreno perduto.
VI.
Ma quest'azione nuova, perché si renda efficace per l'onore dei principi, è
necessario che diventi espansiva. I due Congressi dei quali ho parlato
proclamando la Federazione formarono un fascio delle nostre forze; strinsero
fra loro in vincolo di religiosa fratellanza istituzioni che prima vivevano
senza conoscersi e senza amarsi, pacificarono fra loro in un concetto generale
di solidarietà i diritti e i doveri dei singoli e li fusero in quelli di un
ente comune. L'atto federativo è un bene di per sé, come comunione d'ideali,
come tutela di diritti, come cemento di forze attive, come opera di
pacificazione e di progresso, ma è la base altresì di un movimento espansivo
mediante il quale le Confraternite più grandi sentono il bisogno di stringere
alleanza con le piccole nei luoghi ove si trovano e di stabilirne di nuove,
sotto la forma di asili o succursali o piccole istituzioni autonome allo scopo
di dilatare l'opera federativa stringendo ai maggiori anche i piccoli centri,
organizzando le forze minori e formando una rete di stazioni diverse per lo
scambio dei servizi e per qualsiasi rapporto d'intelligenza comune. Le stazioni
si vanno formando a seconda delle attitudini e delle contingenze locali. La
Misericordia di Livorno nel breve corso di un anno vide nascere le due
succursali di Montenero e dell'Antignano. Quelle che nacquero attorno a Lucca
ebbero il carattere d'istituzioni autonome confederate alla Misericordia come
dal lato della Valdinievole quelle di San Gennaro, di Altopascio e di Ponte
Buggianese; quelle del Ponte a Moriano, Diecimo e Borgo a Mozzano nella valle
del Serchio, e quella di S. Cassiano di Controne nella valle di Lima. Altre di
simili associazioni si vanno formando su quel tipo del quale esclusi la pratica
opportunità nei gran centri ove le Misericordie funzionano ma che reputo invece
opportunissime nel concetto federativo ed espansivo entro i piccoli centri
laddove non esiste organizzazione veruna. Date alcune speciali attitudini a
condizioni di luogo l'istituire Succursali nelle predette località era cosa
difficile, e molte pratiche difficoltà (specialmente da parte dei Parroci )
offriva qualsiasi fondazione nuova ove avesse titolo e forma di Confraternita,
atteso le facili rivalità con quelle già esistenti e le relative occasioni di
perturbamento nella pace dei paesi. Essendo d'altronde nei detti paesi col
mezzo delle dette Confraternite provveduto largamente al servizio de' defunti,
ma nulla essendovi d'organizzato per il soccorso all'infermi e il loro
trasporto all'Ospedale e l'opera di scambio verso la Misericordia nostra per i
trasporti derivanti da luoghi lontani parve ottimo partito quello di limitare a
queste opere di soccorso lo scopo delle istituzioni nuove intitolandole
-Associazioni di Carità - La eliminazione del concetto di Confraternita rese
più facile l'impianto di simili stazioni, e so con mia consolazione che presto
ne sorgeranno in altre borgate della nostra Provincia. Perché possa esplicarsi
l'idea federativa ed espandersi è dunque necessario che ogni Confraternita
importante abbia schierati attorno a sé questi asteroidi, questi fidi e
generosi satelliti che tengono viva l'opera sua e diffondono l'opera comune. E
chi presiede alle Confraternite maggiori deve non solamente tener desta
l'opera delle associazioni confederate, ma esercitarvi la propria influenza,
incoraggiarle e moderarle con accorgimento e con prudenza. Per tal modo
l'espansione delle nostre forze verrà coordinata all'atto federativo, ed ogni
Confraternita importante, mentre avrà cura di organizzare attorno a sé le
succursali o le piccole associazioni autonome confederate stringerà pure i suoi
vincoli federativi con le Confraternite sue pari. Le Misericordie Toscane,
riunite a guisa di sorelle attorno alla madre comune che è quella di Firenze,
si daran tutte la mano (mi si permetta questa figura rettorica) e nella loro
solidarietà mostreranno fra loro congiunti la tradizione e la modernità, il
passato e l'avvenire, la loro veneranda canizie e la loro perenne giovinezza.
L'odierno movimento delle nostre associazioni é ormai su questa via. Piucchè
dalla volontà deliberata degli uomini che le dirigono vi furono spinte da un
impulso fatale o (per dir meglio) provvidenziale; vi furono spinte da una di
quelle correnti alle quali non si resiste perché sono il prodotto di forze
multiple impetuose. I fatti morali ed i fenomeni sociali son governati, come i
fenomeni della natura, da certe potenzialità genetiche e metaforiche delle
quali non sempre possiamo indagare le origini con la guida delle indagini
speculative. Razionalisti e materialisti tentarono invano di farlo;noi
cristiani e cattolici in questo complesso di cause arcane scorgiamo l'impulso
iniziale della causa prima, scorgiamo la mano di Dio per opera del quale il
Progresso cristiano si avanza contro tutte le probabilità filosofiche in
ragione inversa di quelle cause che parevano destinate a paralizzarlo e
distruggerlo. L'odierno movimento del quale parlai è senza dubbio un
coefficiente di questo progresso. Ma non a tutti è dato d'intuire da lungi
1'importanza di un grande processo novatore che seco ci trascina intrecciando
nel suo movimento alcun che di eterogeneo, d'intemperante e d'incoerente
rispetto alle tradizioni ed alle consuetudini antiche e sopra tutto rispetto
allo spirito che deve avvivarle e conservarle. Lo spirito religioso, questo
tesoro delle istituzioni nostre, si salverà da questo movimento bello e
generoso da un lato ma irrequieto e tumultuario dall'altro? Voi rischiate di
sacrificare a questo moderno movimento lo spirito antico! (cosi dicono i vecchi
conservatori e tenaci nel vecchio agli ardimentosi pionieri appassionati pel
nuovo ! E il dubbio è grave ed è di tal natura da rendere incerti e spauriti
coloro stessi che pur ammettendo e vagheggiando la mutabilità dei metodi
tengono a conservare la immutabilità dei principii. Ma voi che pel timore del
nuovo vi annidate nel vecchio sacrificate 1'onor dei principii e questo
concetto d'immobilità inteso in un senso troppo assoluto e restrittivo;
respingete il sussidio delle forte attive, dei mezzi efficaci, fate il vuoto
intorno a voi, vi appartate dalla vita, rinunziate alla lotta, piegate la
vostra bandiera nell'interno del vostro padiglione, cedete tutto il campo ai
vostri avversari, agli avversari dell'idea cattolica. Per timore che lo spirito
religioso si affievolisca nelle nostre file voi cedete il campo a coloro che
dallo spirito religioso prescindono interamente separando nella carità Iddio
dall'uomo, la fede dall'amore. Ecco il grave dilemma di fronte al quale troppo
difficilmente potrebbe elevarsi una teoria positive perché l'avviamento al
meglio ed al peggio per ciò che riguarda lo spirito delle istituzioni dipende
pure da un complesso di ragioni multiple. É un fatto che vi sono Confraternite
invecchiate nei metodi nelle quali lo spirito langue al pari dell'attività, ed
altre ve ne sono rinnovate e ringiovanite nelle quali lo spirito religioso è
degno di ammirazione. Fra queste mi si consenta di notare la Misericordia di
Viareggio la quale, a parer mio, merita ogni lode.
Quel nuovo ramo di azione nuova parallela all'antica del quale parlai come di
un novello coefficiente nell'azione generale delle Confraternite è quello dove
affluisce l'elemento giovane con maggiore intensità a con entusiasmo più
ardente, ed è quello che deve principalmente invigilarsi per secernere a la
parte sana dalla pane difettosa, per eliminare in pratica dall'azione
caritativa tutto ciò che può esservi di eterogeneo e d'incoerente, per frenare
ciò che può esservi nella stessa operosità buona di eccessivo e di scomposto e
di poco conforme allo spirito delle istituzioni. Non illudiamoci di poter mai
conseguire l'intento in quel modo che vorrebbesi né di poter in pratica
regolare i nuovi servizi alla stregua dei vecchi. L'indole dei servizi stessi e
la rapidità con la quale si organizzano non consentono in pratica l'adempimento
di certi atti che son tanto belli ed opportuni nell'adempimento delle opere di
misericordia fatte per amore di Dio. I Confrati che vestita la loro cappa si
accingono a compiere un'opera di misericordia è bello vederli genuflettere nel
loro Oratorio a piè del Crocifisso a recitare le preci di rito; ma questo non
possiamo esigere da una squadra di Confrati che si organizza rapidamente per
accorrere ad una chiamata del telefono e parte come un lampo trascinando seco
la lettiga. In questo caso contentiamoci che l'opera buona virtualmente si
faccia nel none di un principio buono e parta dal seno di una buona
istituzione; contentiamoci che uno stemma religioso con la insegna di Gesù
Crocifisso adorni il petto ed il braccio dei giovani accorrenti a quest'opera
buona per testimoniare che quest'opera stessa si compie sotto le ali della fede
e dell'amore ordinato alla verità; contentiamoci se fra tanta invadenza di
rispetto umano che congela nelle fibre della gioventù moderna il sentimento
religioso, trovasi pur sempre una balda schiera di giovani (prendiamoli pure
con i difetti della loro età e della loco educazione) ai quali non è argomento
di vergogna ma di soddisfazione e di trionfo il fregiarsi pubblicamente con la
immagine del Crocifisso.
Ho parlato dell'età ed ho parlato dell’educazione perché gli elementi militanti
adatti per questa sorta di servizi assorgono generalmente dalla gioventù
popolana. Meglio sarebbe che molti di questi militi operosi uscissero dalle
classi elevate ove la buona educazione naturalmente è meglio coltivata;
l'esempio loro sarebbe di massima utilità; l'opera loro sarebbe preziosa anche
nel concetto della fraternità cristiana, della unione delle classi, della
pacificazione sociale. Se i giovani di elevata condizione comprendessero
l'importanza e la fertilità di questo campo che ad essi viene aperto coll'opera
delle Misericordie, più frequenti sarebbero i nobili esempi di
compartecipazione alle opere di pubblica assistenza intraprese nel nome dì Gesù
Cristo. É pertanto a desiderarsi che le classi abbienti e dirigenti si formino
un chiaro concetto di questa loro missione sociale. La carità offre un campo
facondo di utile lavoro per tutti. Se a questa legge del lavoro si obbedisse da
tutti fedelmente quanto vantaggio ne avrebbero l'ordine e la pace sociale! Oggi
nel campo di queste opere i buoni esempi che dovrebbero discendere dall'alto
al basso salgono invece dal basso in alto. È dunque necessario aprire le
braccia alla gioventù popolana e organizzarla nelle nostre schiere; è
necessario qualche volta di prenderla com'è e non come si vorrebbe che fosse.
L’ambiente del nostro secolo spesso non offre alla gioventù nè col mezzo della
famiglia né con quello della scuola un sufficiente substrato di educazione
religiosa e civile per fare ad essa intuire lo spirito delle associazioni
religiose. “ Badate bene alle ammissioni, dicono le persone più savie e più
prudenti ! non accettate giovani che non vi diano per la loro condotta la più
grande sicurtà”. E lo dico anch'io: siamo cauti; ma come possiamo spingere
queste cautele fino alla divinazione del futuro? In alcune Confraternite (per
esempio in quella di Lucca ) i bambini, ove piaccia ai loro genitori di
ascriverli, acquistano la qualità di confrati al giorno stesso delta nascita.
Escono a 16 anni dalla categoria dei minori, entrano in quella de' novizi con
la cerimonia della vestizione e sono idonei al servizio. Non è un atto di
ammissione quello che compie il magistrato adottandoli come Fratelli attivi,
anzi neppur vi ha parte il magistrato perché non è un atto di sua competenza;
è invece un riconoscimento dei loro diritti del quale prende atto semplicemente
il Proposto come Capo della Confraternita. Orbene ! Si ponga il caso che il
fanciullino lattante ascritto alla Confraternita nel 1884 sia diventato nel
1900 un elemento poco adatto per una società religiosa, come può il magistrato
negargli questo diritto che gli compete? Lo Statuto non contempla i casi di
tal natura; contempla quelli che possono determinare l' espulsione, ma li
riduce a ben pochi. Ed allora che può farsi perché il nuovo Confrate non
diventi un elemento nocivo allo spirito dell'istituzione? Sorvegliarlo,
invigilarlo, dirigerlo, denunziarlo (se incaglia nella rete tesagli dal
Regolamento agli effetti punitivi ) espellerlo, se gli estremi si danno per
procedere all'espulsione. Altri mezzi di difesa non hanno le vecchie
istituzioni che vivono regolate da antichi Statuti. E toccare li Statuti non
sarebbe prudente per altri motivi che si attengono allo spirito, alla vita
morale, alla costituzione organica di siffatte istituzioni. Le associazioni
nuove nascono con nuovi Statuti, se li fanno da loro, se gli adattano alle
contingenze dei tempi, hanno le mani libere, si difendono meglio. Le compagini
statutarie delle associazioni antiche son difettose da questo lato. Ma Dio
solamente è immune dai difetti. Son difettose le istituzioni come gli uomini
che le rappresentano.
VII.
Ma se tali difetti dovessero sgomentarci, noi si navigherebbe in uno stagno.
Certi problemi nella vita delle istituzioni pie solamente Iddio li sa risolvere
e lo spirito d'iniziativa perirebbe infrangendosi contro gli ostacoli di tal
natura se in certi momenti non si avesse il coraggio di osare, affidando a Dio
direttamente la causa delle opera sue. In certi momenti é necessario gettarci
ai piedi del Crocifisso e dirgli - ciò che noi non possiamo fare, fatelo voi
che lo potete! Chi scrive queste pagine sa per duro esperimento quanta fatiche
e quanta lacrime costi l'affrontare una di queste situazioni aspre e difficili,
fra il passato e l'avvenire, fra la riverenza per il vecchio e la necessità del
nuovo, fra la paura di veder depresso lo spirito antico e quella di veder
naufragata la operosità nuova nelle pastoie dei vecchi sistemi che portano
all'anemia. Ma l'essere audaci è talvolta una necessità e la fortuna sorride
agli audaci - Audaces fortuna juvat! Al luogo della fortune poniamo Iddio e
vedremo che Egli nei momenti più gravi viene in nostro soccorso. Quando il
timore si apprende all'animo nostro; quando ci sembra di aver osato troppo e
quasi ci turba il rimorso di aver posto ad un cattivo rischio lo spirito delle
istituzioni, Dio ci soccorre, ci porge la mano, ci presta validi aiuti che non
potevamo sperare, e laddove noi credevamo di trovare la tempesta troviamo
invece una calma del tutto inaspettata ! E se gittiamo uno sguardo alla via che
abbiamo preso troviamo che nei nostri desideri, nei nostri sforzi c'era il
bene; ma questa idea del bene, del meglio, del meglio sempre intuita
confusamente da noi fù fecondata e prosperata nei consigli di Dio. Dio solo è
grande e potente e 1e opere di misericordia non sono il prodotto della mente
nostra, ma derivano dalle ispirazioni sue. La mente umana non è per sue natura
divinatrice del vero e del buono; lo è solamente in quanto il Signore parla al
nostro intelletto e all'animo nostro. Però vi sono dei momenti difficili nei
quali interrogando noi stessi di fronte ad una idea che ci par buona e feconda,
noi ci sentiamo turbati, perplessi ed inerti se quella idea derivi
effettivamente da una ispirazione Santa o sia invece il semplice miraggio delle
nostre idealità. Se tal fosse perché secondarla? Ma se fosse invece l'arcana
parole di Gesù che passa, perché trascurarla? Timeo Jesum transeuntem! I
momenti dell'incertezza son gravi e più gravi diventano quando le nostre idee
sembrano assurde ad uomini talvolta non solamente amati da noi ma venerati per
le loro benemerenze, per le loro virtù. Ed è strano che in tali contingenze,
non per comunanza di sentimenti ma per un nesso abbastanza strano il quale
formasi per avventura per effetto di equivoci e malintesi fra i sentimenti
onesti e le idee grette e volgari, agli uomini di massima rispettabilità si
uniscono quelli di mente torte e di cuore piccino, i brontoloni, i pettegoli,
l’inutil plebe che stridendo passa, pronta sempre ai giudizi temerari e alle
aspre censure che sfigurano e falsano le intenzioni nostre. Gli uomini dabbene
ci condannano come utopisti, gli altri ci calunniano come ambiziosi; ci
sentiamo abbandonati da tutti e ci vuole uno sforzo energico della volontà
perseverante per affermare quella idea in modo deciso e per dire a noi stessi -
Quando tutti ci abbandonano abbandoniamoci tutti a Dio!
Quando dinanzi alla nostra mente si elevano questi dubbi tormentosi facciamo
coraggio a noi stessi. Il momento é difficile, ma lo spirito religioso non
appartiene solamente al passato, è il patrimonio dell'avvenire; procuriamo
innanzi tutto di averlo noi nel cuore; procuriamo di migliorare noi stessi e
allarghiamo le braccia a questa novella generazione che si rivolge a noi.
Coloro ai quali é straniero del tutto un tale sentimento (l'esperienza ce lo
insegna) oggi battono, come ho detto anche altrove, una via molto diversa; un
nuovo tempo é dischiuso per essi, quello della carità laica. Coloro che a noi
si rivolgono e vogliono lavorare con noi se non saranno trascinati dal turbine
dello Spirito Santo saranno pur sempre portati verso di noi da un soffio d'aura
cristiana che tien desta la loro attività e aleggia sui loro cuori. Dunque
accettiamoli per amarli ed illuminarli e dirigerli sulla via del bene. Le
nostre Misericordie diventeranno per tal guisa opere di carità educative. Fin
dove a noi lo consentono le dure pastoie dei vecchi Regolamenti procuriamo di
epurare e migliorare l'ambiente ove da noi si lavora, procuriamo di espellere
ciò che per noi non è buono. Ma quel nucleo di gioventù operosa dove troviamo i
germi fecondi, gli elementi essenziali del bene, coltiviamolo con fede amorosa
onde l'opera nostra diventi un apostolato interamente rivolto a questo fine
generoso.
Se tra i giovani più zelanti alcuni ne troviamo i quali hanno senno ed
intelletto d'amore affrettiamoci a far tesoro della loro influenza benefica.
Basta uno solo di questi (io lo dico per esperienza e provo nel dirlo un
sentimento di affettuosa riconoscenza ) basta uno solo di questi che superi gli
altri nelle attitudini dell'intelligenza e della volontà ed abbia sentimenti
elevati ed energia perseverante ed animo gentile; basta uno solo di questi per
cementare l'unione fra i buoni, stringere i vincoli di reciproca intelligenza
fra il potere dirigente e l'elemento militante, prevenire le cause dei dissensi
o dei disordini e conservare e diffondere lo spirito di carità vera. A questi
patti soltanto l'attività nuova potrà coordinarsi allo spirito antico. Oggi,
con la novella orientazione prodotta nei nostri sodalizi dal potente risveglio
che li muove, l'autorità sola non é sufficiente a dirigerli e moderarli.
Abbiano i Presidenti delle associazioni nostre un concetto chiaro ed elevato
della loro autorità ma discendano attivamente nel campo delle opere, si
affratellino nei servizi a coloro che li frequentano, sieno ad essi di esempio
e di sprone, amino e si facciano amare, e l'amore prudente illuminato ed
operoso potrà giungere fin là dove non giunge il rigore della disciplina e la
osservanza di Regolamenti sovente troppo vecchi e male, adatti all'organismo
ringiovanito. Gli aderenti alle forme dei servizi nuovi per tal modo
affezionati alle opere della Confraternita riempiranno anche le fila spesso
diradate dei servizi antichi mantenendo pur sempre, come altrove notai, una
divisione rigorosa fra quelli e questi.
VIII.
E non si dica, come purtroppo dicono molti, che l'affluenza dell'elemento
giovane compromette l'ordine e la serietà dei servizi. Ciò può avvenire
soltanto quando i vecchi se ne allontanino. Ed é questo, mi si consenta di
dirlo, il gran torto di essi o almeno di una parte di essi abbastanza
rilevante. L'affluire della gioventù ai servizi di Misericordia é di per se
stesso un fatto consolante, ma l'opera dei giovani perché sia diretta a buon
fine ha bisogno di essere contemperata a quella dei vecchi. Molti del fatto
nuovo vedono solamente la parte difettosa, la pane difficile. Si lamentavano di
esser pochi, ma essendo diventati molti si sentono irritati dalla moltitudine;
non sanno adattarsi a quel nuovo ambiente “C’è troppi ragazzi!” É una parola
che ho sentito ripetere tante volte da coloro ai quali par bello questo entrare
nell’esercito di riserva per evitare un contatto che ad essi sembra troppo
rumoroso e molesto. Ma badino costoro; il sentimento che ad essi par bello, se
lo guardano per la sottile, si risolve in una specie di egoismo gretto e
piccino. Ai giovani può mancare una parte dello spirito necessario a ben
intendere i fini dell'istituzione; ma di una parte di questo spirito sono essi
pure mancanti questi buoni vecchi pieni di suscettibilità essendo incapaci di
sacrificare per la causa della carità qualche abitudine loro, qualche nota
dominante del loro carattere. L'astensione dei vecchi può esser fatale al buon
andamento delle istituzioni pie per ciò che riguarda i servizi antichi. Si
ponga mente, per esempio, a quello che riguarda la mutazione di letto degli
ammalati. Non si tratta di prestar l'opera caritatevole agli uomini soltanto ma
anche alle donne. In questa sorta di servizi è mestieri che l'elemento giovane
sia utilizzato con un giusto reparto in quella misura che può sembrare
opportuna e prudente. Guai se questo ramo delicatissimo di azione caritativa
restasse in mano dei giovani soli! Per ragioni che facilmente comprendonsi
meglio sarebbe il rinunziarvi! Invece l'elemento giovane con una buona scuola
dinanzi a sé, partecipando in giusta proporzione all'opera pietosa ne renderà
sicuro per l'avvenire il buon funzionamento. La diserzione dei vecchi é dunque
in tal caso non solamente un errore, ma é quasi una colpa, poiché rompendosi
quel giusto equilibrio fra coloro che ammaestrano e dirigono e coloro che
imparano e lavorano, all'edifizio della carità (qual deve intendersi secondo la
fede e la morale cristiana ) mancano le basi e rischia di sfasciarsi e di
cadere.
Ero giovane anch'io 20 o 30 anni orsono quando prestavo attivamente l'opera mia
come confrate di Misericordia nelle case dei poveri infermi a vo’ ripensando
con animo grato ai buoni vecchi con i quali seralmente dividevo il lavoro. Ora
sento il dovere di rendere questo ricambio alla generazione che viene dopo la
mia e dico ai miei coetanei: “ Lavoriamo con perseveranza! Non guastiamo quest'armonia
dei pensieri e delle opere, adempiamo ai nostri doveri verso un'istituzione che
ci é cara. L'avvenire di questa istituzione dipende da noi, dalla nostra
concordia, dalla nostra perseveranza, dallo spirito di sacrificio col quale
sapremo conformarci nel lavoro comune ad attitudini e benanche a difetti che
erano per avventura anche i nostri in quegli anni priori della vita che tardi e
a caro prezzo impariamo a chiamare migliori”.
La fase che noi attraversiamo segna senza dubbia un'era solenne nella vita
delle istituzioni nostre. La Provvidenza le vuol conservate ma chiede in giusta
misura a tutti noi giovani e vecchi a seconda delle attitudini varie e delle
varie competenze il contributo dell'opera nostra e del nostro sacrificio. Su
noi posa una grave responsabilità; abbiasi un chiaro concetto della parte che
spetta a noi, mostriamoci all'altezza della nostra missione! Al resto penserà
Iddio!
Data la fase storica che noi percorriamo e il risveglio delle istituzioni
nostre, io credo che soltanto con siffatti criteri possa intendersi e guidarsi
l'opera federativa ed espansiva delle istituzioni medesime perché possano
corrispondere nelle loro funzioni sociali alla importanza del loro mandato
storico e superare le difficoltà del momento per tramandare ai secoli futuri la
loro vitalità e la loro fecondità a salutare vantaggio dei popoli e a decoro
perenne del nome cristiano e cattolico. Attendiamo confidenti a quest'opera con
le nostre fatiche.
LUCCA TIFOGRAFIA GIUSTI 1900