Martedì 14
settembre alla Misericordia di Cascina, incontro con don
Oreste Benzi
Alle ore 21,15 presso la chiesa
Propositurale di Cascina "PI"
per informazioni
“…e ne ebbe compassione…”
Sulla pietra di un
edificio situato sulla strada romana tra Gerusalemme e
Gerico (che i pellegrini considerano la locanda della
parabola del Samaritano) c’è questa scritta:
“Se persino sacerdoti e leviti passano oltre la tua
angoscia, sappi che il Cristo è il Buon Samaritano: egli
vedrà e avrà compassione di te sempre, e nell’ora della tua
morte ti porterà alla locanda eterna.”
Compassione, è questa l'impetuosa sorgente d’ogni
rimedio; è quel sentimento divino che ti fa patire insieme
all'altro il suo dolore, che ti comunica un po' di quell’onnipresenza
di Dio facendoti rompere il cerchio del "io" per andare a
vivere nel cerchio infuocato del dolore dell'altro; è come
“sentire un "fremito nelle
viscere".
E’ un'immagine sensitiva,
fisiologica, esprime l'accoglienza dell'altro dentro il
nostro ventre, farlo abitare con tutto il suo dolore dentro
il nostro corpo. Andare a vivere il dolore dell'altro con
lui, o chiamarlo a vivere il suo dolore dentro di noi, è
quello stesso tipo di vicinanza inventata dal Signore per
venirci a salvare: l’incarnazione.
La vicinanza è la residenza della compassione e dell'amore,
è la condizione richiesta perché l'amore possa operare. E'
la postazione per muovere guerra ai mali del prossimo, la
base di partenza di tutte le operazioni di soccorso per chi
voglia realmente intervenire nella vita di chi soffre. Senza
vicinanza, l'amore è velleitario e inutile; le ferite del
prossimo rimangono aperte e scoperte, senza la morbidezza di
un po' d'olio che possa lenirle.
Il Samaritano riconosce se stesso nell’altro, egli è
intessuto
in quella trama fitta,
in
cui avviene lo scambio della propria vita con la vita
altrui. Ma quali panni indossa, oggi, questa figura
simbolica? In cosa differisce la sua opera, espressa nel
sentiero polveroso di un’antica Gerico, da una moderna
metropoli asfaltata?
Egli si aggira tra la corsia di un ospedale, dietro il
telefono di un’associazione, alla guida di un’ambulanza, tra
le fiamme di un incendio o a distribuire un pasto; ci offre
la parola, e lenisce quelle sofferenze che la nostra via
tortuosa ci presenta. Non esiste razza, condizione sociale,
credo politico o spirituale.
Il nostro prossimo designa tutti gli uomini e le donne, ma
in particolare i più colpiti, i più bisognosi. Bisogna
avvicinarsi a loro fino a identificarsi con loro, come
fossero noi stessi: perché sono noi stessi! E nessuno è così
lontano
da non esser pronti in qualunque momento ad
offrire soccorso. Il Samaritano di oggi perpetua quell’atto
d’amore che è donato in silenzio, e che riconosce a tutti la
stessa dignità, usando una parola o una carezza come
unguento, in cambio non pretende nulla, se non riempire se
stesso nel donare all’altro.
Questo è il Samaritano del nostro secolo; in fondo sempre lo
stesso, e che con quello stesso amore incondizionato e
attivo, servendo il suo simile, offre il suo servizio Dio,
concretizzando la Parola di Dio, che non dovremo mai
dimenticare di tramandare ai nostri figli, quando ci
porranno la domanda:
<<Chi è il mio prossimo?>>.
Saremo noi il Verbo, sarà nostra la voce che risponderà <<..un
uomo, che scendeva da Gerusalemme a Gerico, fu percosso dai
briganti. Un Samaritano ne ebbe compassione e si prese cura
di lui….Va figlio, e anche tu fa lo stesso>>.
Don Oreste Benzi
incarna uno dei tanti Samaritani di oggi. Sarà appassionante
ed istruttivo ascoltare e condividere l’esperienza di una
vita offerta ai più poveri, ai più dimenticati ed
emarginati, aiutandoli a portare le loro croci ed
impegnandosi per essere la loro voce.