C'era
una volta un gelso centenario,
pieno di rughe e di saggezza, che ospitava una colonia di piccoli
bruchi.
Erano bruchi onesti, laboriosi, di poche pretese.
Mangiavano, dormivano e, salvo qualche capatina al bar del
penultimo ramo a destra, non facevano chiasso.
La vita scorreva monotona, ma serena e tranquilla.
Faceva eccezione il periodo delle elezioni, durante il quale i
bruchi si scaldavano un po' per le insanabili divergenze tra la
destra, la sinistra e il
centro.
I bruchi di destra sostengono che si comincia a mangiare la foglia
da destra, i bruchi di sinistra sostengono il contrario, quelli di
centro cominciano a mangiare dove capita.
Alle foglie naturalmente nessuno chiedeva mai un parere.
Tutti trovavano naturale che fossero fatte per essere rosicchiate.
Il buon vecchio gelso nutriva tutti e passava il tempo
sonnecchiando, cullato dal rumore delle instancabili mandibole dei
suoi
ospiti.
Bruco Giovanni era tra tutti il più curioso, quello che con
maggiore frequenza si fermava a parlare con il vecchio e saggio
gelso.
"Sei veramente fortunato, vecchio mio", diceva Giovanni al gelso.
"Te ne stai tranquillo in ogni caso.
Sai che dopo l'estate verrà l'autunno, poi l'inverno, poi tutto
ricomincerà.
Per noi la vita è così breve.
Un lampo, un rapido schioccar di mandibole e tutto è finito".
Il gelso rideva e rideva, tossicchiando un po': "Giovanni,
Giovanni, ti ho spiegato mille volte che non finirà così!
Diventerai una creatura stupenda, invidiata da tutti,
ammirata...".
Giovanni agitava il testone e brontolava: "Non la smetti mai di
prendermi in giro. Lo so bene che noi bruchi siamo detestati da
tutti. Facciamo ribrezzo.
Nessun poeta ci ha mai dedicato una poesia.
Tutto quello che dobbiamo fare è mangiare e ingrassare. E basta".
"Ma Giovanni", chiese una volta il gelso, "tu non sogni mai?".
Il bruco arrossì.
"Qualche volta", rispose timidamente.
"E che cosa sogni?".
"Gli angeli", disse, "creature che volano, in un mondo stupendo".
"E nel sogno sei uno di quelli?". "...Sì", mormorò con un fil di
voce il bruco Giovanni, arrossendo di nuovo.
Ancora una volta, il gelso scoppiò a ridere.
"Giovanni, voi bruchi siete le uniche creature i cui sogni
si avverano e non ci credete!".
Qualche volta, il bruco Giovanni ne parlava con gli amici. "Chi ti
mette queste idee in testa?", brontolava Pierbruco.
"Il tempo vola, non c'è niente dopo! Niente di niente.
Si vive una volta sola: mangia, bevi e divertiti più che puoi!
"Ma il gelso dice che ci trasformeremo in bellissimi esseri
alati...".
"Stupidaggini. Inventano di tutto per farci stare buoni",
rispondeva l'amico. Giovanni scrollava la testa e ricominciava a
mangiare.
"Presto tutto finirà...scrunch... Non c'è niente dopo...scrunch...
Certo, io mangio..scrunch, bevo e mi diverto più che posso...scrunch...
ma...scrunch...non sono felice...scrunch.
I sogni resteranno sempre sogni.
Non diventeranno mai realtà. Sono sono illusioni", bofonchiava,
lavorando di mandibole.
Ben presto i tiepidi raggi del sole autunnale cominciarono ad
illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi tondeggianti sparsi qua e
là sulle foglie del vecchio gelso.
Un mattino,anche Giovanni, spostandosi con estrema lentezza, come
in preda ad un invincibile torpore, si rivolse al gelso.
"Sono venuto a salutarti.
E' la fine. Guarda sono l'ultimo.
Ci sono solo tombe in giro. E ora devo costruirmi la mia!".
"Finalmente!
Potrò far ricrescere un pò di foglie!
Ho già incominciato a godermi il silenzio!
Mi avete praticamente spogliato!
Arrivederci, Giovanni!", sorrise il gelso.
"Ti sbagli gelso.
Questo...sigh...è...è un addio, amico!",
disse il bruco con il cuore gonfio di tristezza.
"Un vero addio. I sogni non si avverano mai, resteranno sempre e
solo sogni. Sigh!".
Lentamente, Giovanni cominciò a farsi un bozzolo.
"Oh", ribatté il gelso, "vedrai".
E cominciò a cullare i bianchi bozzoli appesi ai suoi rami.
A primavera, una bellissima farfalla dalle ali rosse e gialle
volava leggera intorno al gelso.
"Ehi, gelso, cosa fai di bello? Non sei felice per questo sole di
primavera?".
"Ciao Giovanni!
Hai visto, che avevo ragione io?"sorrise il vecchio albero.
"O ti sei già dimenticato di come eri poco tempo fa?".
Parlare di risurrezione agli uomini è proprio come parlare di
farfalle ai bruchi.
Molti uomini del nostro tempo pensano e vivono come i bruchi.
Mangiano, bevono e si divertono più che possono:dopotutto non si
vive una volta sola?
Nulla di male, sia ben chiaro.
Ma la loro vita è tutta qui.
Per loro, la parola risurrezione non significa nulla.
Eppure non sono felici... |